Vaticano e Fiat, Confindustria e banche, Casini e Montezemolo, Fini e Rutelli: tutti rivogliono un governo Monti. Oppure un governo Montezemolo con Monti, Passera, Fornero, Profumo. Peccato sia tramontata l’ipotesi di un governo Renzi con Monti, Passera, Fornero, Profumo (anche se, dopo le primarie cominciano a circolare ballon d’essais su una possibile lista Renzi alle prossime elezioni, come ha scritto Carlo Calore sul Fatto di oggi).

Il bello è che sembrano quasi ipotesi realistiche in confronto agli scenari coltivati dai due principali leader in campo nel prossimo aprile (o forse prima): Berlusconi e Bersani. Berlusconi pensa di rivincere le elezioni con l’appoggio della Santanché, al grido di “Fermiamo i comunisti”, manco fosse il maresciallo finlandese Carl Gustaf Mannerheim nel 1939. Bersani, invece, pensa realisticamente a un governo Bersani con Monti all’Economia, Passera allo Sviluppo, Fornero al Lavoro, Profumo all’Istruzione. Quindi cinque scenari su sei prevedono che Monti resterà fra noi, con noi, al di sopra di noi. 

Per chi non l’avesse capito, questo coro unanime, “Che scocciatura le elezioni!”, viene confortato, rimpannucciato e ammaestrato da nessun altro che Giorgio Napolitano il quale, ormai, è convinto di essere il Togliatti del XXI secolo e di aver, con la caduta di Berlusconi e la nomina di Monti la sua “svolta di Salerno”, salvato l’Italia dalla guerra civile. 

Come Togliatti, Napolitano ha profondamente interiorizzato il senso della sconfitta storica della sinistra: nel 1944 perché l’Italia era stata assegnata alla sfera d’influenza americana, nel 2012 perché non si può uscire dalla sfera d’influenza Merkel. E, come nel 1948 occorreva evitare un’invasione americana dell’Italia, così nel 2013 occorrerà evitare che la finanza internazionale si innervosisca e riporti lo spread dov’era il 25 luglio 2011, con Berlusconi.

Un autore che Napolitano in gioventù conosceva bene ha scritto che la storia si ripete sempre due volte: la prima in forma di tragedia, la seconda di farsa. Così, mentre il Togliatti ministro della Giustizia amnistiava i fascisti e rinunciava all’epurazione dell’apparato statale (che avrebbe così mantenuto in servizio poliziotti e magistrati di estrema destra fino agli anni Settanta), il Napolitano presidente della Repubblica pensa seriamente di amnistiare il diffamatore Sallusti, specialista nello sparare colonne di piombo contro tutto ciò di democratico che è rimasto nel nostro paese. Non ho dubbi che nel graziare il non-ancora-entrato-in-carcere-per-24-ore-Sallusti, Napolitano pensi di operare per la “riconciliazione nazionale”.

Un riconciliazione che dovrebbe passare da una legge elettorale che impedisca al Pd di vincere le elezioni, esattamente come Togliatti temeva di vincere le elezioni del 1948: allora il “Migliore” vedeva già pronti i marines, oggi Napolitano vede già pronti a paracadutarsi su Roma non le SS di Skorzeny ma i commissari della Merkel e dell’Unione Europea.

A quanto pare, ai fantasmi della storia è impossibile sfuggire.

 

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