Nuova bacchettata dell’Europa ai tentativi italiani di sorvolare sull’evidenza pubblica per le concessioni balneari in scadenza nel 2015. Dalla Commissione Ue arriva un sonoro “no” dopo che l’emendamento al decreto legge Sviluppo, presentato nella commissione Industria di palazzo Madama dai relatori Simona Vicari (Pdl) e Filippo Bubbico (Pd), ha chiesto un’ulteriore proroga di 30 anni alle concessioni. Proroga o rinnovo automatico, evidentemente per l’Ue cambia poco. “Un rinnovo automatico di 30 anni non sarebbe compatibile con quanto prevede il diritto comunitario”, ha detto nelle ultime ore Stefaan De Rynck, portavoce del commissario Ue per il Mercato unico Michel Barnier. “Le concessioni degli stabilimenti balneari– ha scandito De Rynck- dovrebbero essere accordate per un periodo di tempo appropriato e limitato e non dovrebbero essere aperte a rinnovi automatici né dare alcun altro tipo di vantaggio al gestore la cui autorizzazione è scaduta”. E dato che “un’estensione di 30 anni di tutte le concessioni attuali sarebbe incompatibile con le leggi Ue”, la Commissione invita l’Italia “ad adottare regole compatibili con la direttiva Servizi”.

In Italia è ripreso l’esame del dl Sviluppo in commissione Industria al Senato con l’obiettivo di licenziare il testo in tempi molto stretti, se entro stasera o domani mattina al massimo dipenderà dagli ultimi pareri attesi dalla commissione Bilancio. Il governo è intenzionato a mettere la fiducia sul decreto: la proposta di proroga potrebbe essere inserita in un maxi emendamento, ma alla luce delle parole di De Rynck i giochi sembrano fatti. Attacca l’Europa il deputato del Pdl riminese Sergio Pizzolante, il quale sostiene che a Bruxelles “non hanno capito niente: non è un rinnovo, ma una proroga e non c’è alcun automatismo. L’Italia ha diritto di tutelare 30mila imprese ed un intero comparto economico, deve salvaguardare le funzioni di pubblica utilità che esse garantiscono”.

Da parte loro i bagnini continuano ad inveire contro il governo (la bozza del ministro Piero Gnudi è partita con concessioni da sei a 25 anni) e a citare il caso della Spagna, che sta cercando di ottenere proroghe fino a 75 anni a quanto pare con qualche successo. “È evidente la disparità di trattamento fra le imprese turistiche italiane con quelle operanti negli altri Paesi europei che hanno una durata ben più lunga dei sei anni concessi in Italia (in Portogallo 75 anni, in Spagna 30 anni, in Croazia sino a 99 anni) così come è evidente il rischio di contenzioso per il venir meno di istituti giuridici quali il diritto di insistenza sui quali le imprese italiane hanno sin qui fatto affidamento”, sostiene il presidente Sib-Confcommercio Riccardo Borgo.

La Commissione europea aveva aperto nel 2008 una procedura d’infrazione contro l’Italia per il suo sistema di rinnovo automatico delle concessioni, considerato un ostacolo al libero mercato. Il 13 maggio 2011, con Michela Vittoria Brambilla del Pdl ministro del Turismo, il governo aveva lanciato l’idea di un decreto che introduceva il cosiddetto “diritto di superficie” su coste e litorali per 90 anni, innescando un certo disappunto da parte di Bruxelles. Se i 90 anni non sono mai passati, l’articolo 11 della legge comunitaria adottata il 30 novembre 2011 ha consentito a Bruxelles di chiudere la procedura d’infrazione verso l’Italia eliminando il rinnovo automatico delle concessioni. Rinnovo automatico-proroga che, dunque, continua ad essere tirato fuori. Con l’unico risultato di incassare severe reprimende.

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