Per il Monte dei Paschi di Siena ora da una mossa congiunta di Pd e Pdl arriva la toppa che rischia di allargare il buco. In base a un emendamento proposto dai relatori della Commissione industria al dl Sviluppo, Simona Vicari (Pdl) e Filippo Bubbico (Pd), infatti, nel caso più che probabile che la banca non generi profitti, gli interessi sui 3,9 miliardi di aiuti pubblici che l’istituto senese si appresta a ricevere sotto forma di Monti bond, verranno pagati anche con nuovo debito.

La soluzione, che in prospettiva non pone limiti al sostegno statale alla banca, è stata tirata fuori dal cilindro dopo che le diplomazie del premier Mario Monti e del ministro del Tesoro, Vittorio Grilli, non sono riuscite a ottenere il via libera comunitario al loro schema di rimborso degli interessi che si prefigurava come una violazione della concorrenza, perché implicava il pagamento da parte del Tesoro di una specie di “premio” per salvare la banca in contrasto con le più recenti regole europee sugli aiuti di Stato alle banche indicate dalla Commissione, che chiede ai Paesi membri di limitare gli interventi “al minimo necessario” e di evitare, appunto, “indebite distorsioni della concorrenza”.

I tecnici di Bruxelles, infatti, avevano contestato al governo Monti le clausole del decreto estivo con il quale era stato dato il via libera ai Monti bond, cioè emissioni obbligazionarie della banca totalmente a carico del Tesoro. La norma prevedeva che in mancanza di utili per pagare gli interessi allo Stato, come sembra scontato visto l’andamento dei conti di Mps che al 30 settembre era in rosso per 1,66 miliardi, il Tesoro sarebbe stato rimborsato in azioni dell’istituto. Ma le modalità di calcolo del valore dei titoli prevista da Monti e Grilli, era basata sul valore di libro e non su quello di mercato. Con il risultato che lo Stato sarebbe diventato azionista della banca con una quota risibile (3-4% contro un 9% circa) e pagandola almeno quattro volte più del mercato. 

Dopo settimane di trattative, com’era prevedibile, l’Italia ha dovuto cedere davanti alle ragioni dell’Ue. Da qui l’emendamento di oggi che da una parte prevede che il pagamento degli interessi in azioni avvenga a valore di mercato. Dall’altra apre alla possibilità che non tutti gli interessi che non potranno essere saldati in denaro sonante vengano versati in titoli della banca: potranno essere usati anche “nuovi strumenti finanziari”. Ovverosia nuovi Monti Bond, il cui ammontare, in questa eventualità, è così destinato a salire. Insieme agli interessi, ovviamente. Una specie di catena di Sant’Antonio, quindi. A meno che, tutto è possibile, la banca non ingrani la marcia giusta. Anche se la strada sembra lunga, visto che non più tardi di tre giorni fa il cda dell’istituto, sotto la presidenza di Alessandro Profumo, ha deliberato di alzare la posta degli aiuti di mezzo miliardo, a causa dei “possibili impatti patrimoniali derivanti dagli esiti dell’analisi in corso di talune operazioni strutturate poste in essere in esercizi precedenti”.

Sul fronte della tempistica, poi, i relatori hanno concesso concedono un mese di tempo in più (fino al 31 gennaio 2013) per l’emissione degli strumenti finanziari. Quanto ai dettagli del debito, Mps , dopo la nuova emissione di Monti bond, dovrà allo Stato 1,9 miliardi di vecchi Tremonti bond, 170 milioni di interessi in altri Monti bond e 2 miliardi di nuovi Monti Bond. Con questa mossa, quindi, il totale supera già quota 4 miliardi di euro. E davanti c’è già la barriera dei circa 380 milioni di interessi da pagare a fine 2013. A che prezzo lo sapranno i dipendenti del gruppo, mentre la fondazione Monte dei Paschi festeggia  insieme al Pd lo scampato pericolo dell’arrivo del socio statale. 

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