In principio fu la vita, la vita resa più vitale dalla morte scampata: “Facciamoci un film, sulle nostre malattie; dove si rida, anche; anzi: soprattutto. E lui, per tutta risposta: ‘Ma un film l’avremmo già dovuto realizzare… Ce l’eravamo detti in Islanda, nel viaggio del 1985. Ricordo perfino il titolo: Noi non siamo come James Bond’”. Chi parla è il regista Mario Balsamo, il “lui” è il suo fraterno amico Guido Gabrielli.

Non è solo l’amicizia ultra-trentennale, a tenerli insieme è anche la malattia: il cancro l’hanno avuto tutti e due, leucemia per Guido, un miracolato per i medici, un tumore alla gamba per Mario. E questo male cozza nudo e crudo con tutto quello che rappresentava il loro eroe di 30 anni prima: Bond, James Bond, l’invincibilità, l’immortalità fatta persona, almeno sul grande schermo. La battaglia contro il male è stata sofferta, lancinante per entrambi, ma non è finita: non è questione di tenersi sotto osservazione, c’è dell’altro. Una domanda: come si fa a diventare immortali? E un interlocutore: il loro unico Bond, Sean Connery.

Mario e Guido quel film lasciato nella testa 30 anni fa ora lo vogliono fare davvero, ma la sceneggiatura è cambiata: sotto lo smoking il cancro, il senso della vita all’occhiello, l’amicizia a mano armata. Partono, partono in una Mini d’epoca presa in affitto come i tuxedo, e il road movie è dell’anima: la spiaggia che li ebbe giovanissimi a Sabaudia, la Perugia off Umbria Jazz, il Bosco degli Spiriti Introspettivi a Borgotaro. E la memoria che preme sui soliti tasti, rewind e flashforward, ma senza cancellare nulla: Mario e Guido viaggiano nel tempo, il loro, trovando domande inevase, risposte puntute, il tira e molla di due spiriti affini, due amici per la pelle, quella che entrambi rischiavano. Roma e Milano, le loro città attuali, e le loro città invisibili, popolate dall’unico, imbattibile eroe: James Bond, alias Sean Connery. Lo vogliono, lo cercano, e trovano la prima Bond Girl italiana, Daniela Bianchi. Una Virgilio per il loro ardito, confessabile Paradiso: e se Sean Connery rispondesse davvero? Mario e Guido ci credono, non mollano, non barcollano. La stanchezza entra in campo, un incidente mina di nuovo la vita di Guido, ma nemmeno il destino li può fermare. La speranza non va alla deriva, ma trova una spiaggia, una tenda canadese del 1985 e all’altro capo del telefono una voce che conosciamo: “Mi spiace, non posso, sto facendo controlli medici…”. Le certezze di Mario e Guido crollano come castelli sulla sabbia, mentre s’innalza un interrogativo: noi non siamo come James Bond?

In concorso al 30° Festival di Torino, Noi non siamo come James Bond è un alieno nel cinema italiano: folle e sconclusionato, lucido e tagliente, ironico e dolente, un Giano bifronte sfacciato e pudico, che prende l’immaginario e lo fa carne, prende la malattia e la fa salvezza, prende la vita e ne fa immagini&suoni. Forse, o lo si ama o lo si odia, ma oltre la soggettività si spalanca un’ineludibile condivisione: in quel Noi non siamo come James Bond ci siamo anche noi, con i nostri “ce l’eravamo detti”, le nostre malattie, i nostri ricordi e il nostro presente futuro. E ci sono due come noi, due autori in cerca di un personaggio. L’hanno trovato.

Articolo Precedente

Il Colosseo vuole spazio (e più rispetto)

next
Articolo Successivo

Di notte, a Varanasi, con la luna piena sul Gange

next