100 immagini, 15 diversi fotografi, rari filmati video e l’algido sguardo di David Bowie. Sono questi gli ingredienti principali di Bowie – Berlino: a new career in a new town, la mostra fotografica che giovedì 29 novembre inaugura Ono Arte Contemporanea di Bologna, per tenerla in cartellone fino al 17 gennaio 2013.

Bowie e Berlino, insomma, il buen ritiro ancora diviso in due dal nefasto Muro, tra il 1976 e il 1979, dopo la fuga da Los Angeles, droghe e successo mondiale compresi. Da qui nacquero i tre album che cambieranno per sempre la storia della musica: Low, Heroes e Lodger. Per i più attenti, Lodger verrà registrato a Montreaux e mixato a New York, ma i prodromi del nuovo corso musicale di Bowie stanno tutti lì: tra la Porta di Brandeburgo, l’Unter den Linden e Charlottenburg.

Il plastic soul, il soul suonato dai bianchi di Diamond Dogs e Young Americans, gli aveva già dato fama e denaro, ma è anche il momento più cupo per il Duca Bianco londinese, tutto cocaina, latte, peperoni e magia nera. Scintilla che gli fa mutare esistenza, orizzonte e suono, è l’ascolto dell’album Autobahn dei tedeschi Kraftwerk (1974). Le linee ritmiche sintetiche, l’uso nuovo dell’elettronica affascinano Bowie che durante il tour Station to Station (1976) incontra anche lo scrittore Christopher Isherwood che della Berlino anni quaranta ne era stato il cantore e s’innamora di quella fetta ristretta d’Europa, quasi snobbando il punk della sua Londra che stava esplodendo.

Bowie arriva a Berlino con Iggy Pop e il produttore Tony Visconti. Gli studi di registrazione Hansa by the wall sono chiamati così proprio per la loro vicinanza al muro, tanto che mentre i musicisti registrano hanno i Vopos con i fucili puntati contro le finestre dalle torrette di guardia al Muro. Tra l’altro Heroes, top ten del rock mondiale, nasce proprio così con Bowie che osserva Visconti e Antonia Maass, cantante di cabaret, ad incontrarsi clandestinamente sotto al Muro.

Le foto della galleria Ono, paradossalmente, vogliono convogliare l’attenzione su un periodo creativo preciso, ma sono pochi gli scatti nella capitale berlinese. Mentre molte le suggestioni che arrivano dal pre e post Berlino: spartiacque e frattura musicale nella carriera del Duca Bianco. Così tra i flash di Brian Duffy, Sheila Rock, Ian Dickson, e un documentario rarissimo della pantera di Goro, in arte Milva, tra le vie di Berlino, rivive la mitologia di un cantante che ha reso unico il suo percorso artistico.

Senza dimenticare che nel periodo berlinese nasce anche l’infatuazione per il Terzo Reich, fascinazione prettamente estetica, di cui vennero velatamente accusati anche Ian Curtis e i Joy Division. Bowie con il braccino alzato a Victoria Station, durante il tour post berlinese a Londra, rimane un’istantanea memorabile a corollario di un periodo in cui assieme a Iggy Pop passavano intere giornate in squallidi bar gay della capitale tedesca, nei decadenti cabaret d’epoca weimeriana e nelle incursioni a Est in locali per travestiti. Ispirazione alcolica che ebbe il suo apice nella storica intervista del Paris Bar in cui Rolling Stones li ritrasse ubriachi fradici.

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