Giorgi Gigauri, un ragazzo georgiano di 25 anni è detenuto nel carcere N6, in Georgia, perché accusato di aver sparato ad un uomo. Nel frattempo Pierfrancesco Marsiaj, un cittadino italiano, lotta strenuamente affinché Giorgi venga liberato. E penso alla durezza del carcere – dove suicidi e abusi sono all’ordine del giorno anche in Italia – e alla forza della solidarietà, che valica qualsiasi appartenenza nazionale.

Andiamo con ordine. Pare si tratti di clamoroso errore giudiziario, quello che quattro anni fa ha portato Giorgi, portiere nella prima serie nel campionato Georgiano, ad essere incarcerato. Tornato in Georgia per recuperare i documenti necessari per firmare il contratto con una squadra turca che lo aveva appena ingaggiato, Giorgi si trovò coinvolto in una colluttazione tra suo padre ed un vicino di casa. L’accusa sostenne che Giorgi sparò tre colpi di pistola al vicino, ma non si trovò mai la pistola, né è certo che la ferita del vicino fosse da arma da fuoco e nessuno dei testimoni, neppure la moglie e la sorella del vicino, disse di aver visto Giorgi brandire una pistola. Spuntò però, dopo diverso tempo, una radiografia di un proiettile in un corpo, e pur non essendoci alcuna prova che il corpo fosse del vicino e che il proiettile avesse a che fare con Giorgi, il ragazzo fu condannato a quattordici anni e sei mesi. In questa condanna giocò senz’altro contro Giorgi il fatto che egli tentò di fuggire in Ucraina, venendo arrestato mentre cercava di passare clandestinamente il confine con l’Ungheria.

Processo sommario a parte, in quattro anni le privazioni, le condizioni igieniche, i pestaggi e le pressioni psicologiche hanno portato Giorgi ad avere mano e piede paralizzati, gravi ferite, incapacità di camminare, episodi di epilessia e tre tentativi di suicidio alle spalle.  

Dopo accertamenti in un ospedale militare, richiesti dall’avvocato di Giorgi, che hanno diagnosticato un “grave stress psicofisico”, Giorgi è stato messo in cella di isolamento. Ma il caso di Giorgi è purtroppo solo un caso esemplare. Le immagini delle violenze dei carcerieri contro i detenuti nelle prigioni georgiane hanno fatto il giro del mondo, sollevando scandalo e orrore e hanno in un certo senso favorito l’elezione del neo-premier Bidzina Ivanishvili, che ha promesso di risolvere la questione.

Marsiaj invece ha “abbracciato” il caso perché conosce personalmente la madre di Giorgi: “Donar Gigauri, georgiana immigrata regolare, vive in Italia da molti anni. E’ una mia concittadina, ed è una persona fidata e di grande spessore umano. Nel nostro paese, Monteviale, in provincia di Vicenza, si è costituito spontaneamente un Comitato di cittadini coordinato dalla Prof.ssa Marina Marcolini dell’Università di Udine, per portare la questione all’attenzione del Governo della Georgia. Abbiamo iniziato una raccolta di firme, aperto una petizione on-line.”

La petizione chiede al Governo georgiano la liberazione immediata di Giorgi Gigauri, la revisione del processo ed il ripristino della legalità in relazione alle continue violazioni dei diritti umani e della Convenzione ONU contro la tortura, perpetrate nelle carceri. Giorgi intanto è in sciopero della fame da cinque giorni.

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