Oggi rimaniamo sul leggero. Facciamo un gioco. Andiamo su Google e digitiamo “milano via gluck”. Poi andiamo su “maps” e vedremo che Via Sebastiano Gluck è una strada come tante altre della grande Milano. Andiamo allora su “immagini” e scopriremo che la via Gluck è una anonima via di palazzi grandi e piccoli. Ma cos’era alcuni decenni fa?

Al numero 14 della via nacque il 6 gennaio 1938 Adriano Celentano, ed Adriano portò a Sanremo nel 1966 una delle prime canzoni ecologiste della canzone italiana: “Il ragazzo della Via Gluck”, la sua storia che narrava di quando lasciò la casa in cui era nato in mezzo ai prati per ritrovarla soffocata dal cemento anni dopo: “Non so non so perché continuano a costruire le case e non lasciano l’erba”. Forse era un ecologismo un po’ ingenuo, ma sicuramente più ficcante dei sermoni e dei silenzi che avrebbero caratterizzato il supponente Celentano del futuro.

Un anno dopo, era il 1967, Luigi Tenco, sempre a Sanremo, ammise la sua ammirazione per quello che Celentano aveva avuto il coraggio di cantare da quel palcoscenico l’anno precedente. Tenco interpretò quell’anno “Ciao amore ciao”, che con poche lapidarie frasi narrava di un ragazzo che, lasciata la campagna, si ritrovava estraneo nel mondo della città. La sua canzone fu bocciata dalla giuria come l’anno prima era stata bocciata la canzone di Celentano. La sera stessa, il 27 gennaio, Tenco si suicidò. L’amico De André gli avrebbe poi dedicato la struggente “Preghiera in gennaio”.

 

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