Fa sempre un certo effetto assistere ai dibattiti presidenziali negli Stati Uniti: uno su tre è quasi interamente dedicato alla politica estera ed in molti casi questo tema si è rivelato uno dei terreni più scivolosi per i candidati. Anche Romney, nell’ultimo turno, si è probabilmente giocato qualche migliaia di voti con alcune gaffes. Certo, gli Stati Uniti sono un paese di tali dimensioni e potere economico e politico che il dossier politica estera deve essere per forza corposo, anche perché ad esso si collegano scelte globali che vanno ad influenzare il destino incrociato di molti paesi. Ed è pertanto ovvio che diventi uno dei pilastri fondamentali sui quali si giudica l’adeguatezza di un futuro Presidente.

Poi uno si piazza davanti alla Tv italiana per assistere al dibattito delle primarie del centrosinistra: avete notato quanto tempo è stato dedicato ai temi di politica estera dai vari Renzi, Bersani & company? Zero fratto zero. Cosa penserà mai Tabacci della situazione in Medio Oriente? E Vendola che idee avrebbe per capitalizzare le nostre relazioni con alcuni paesi dell’America Latina? Mah.

Attenzione, questa è una costante storica della politica italiana: considerare il nostro paese come un microcosmo a sé, le cui uniche scelte estere negli ultimi sessanta anni sono state se aderire al blocco sovietico o quello americano. Finita la guerra fredda, ci siamo trovati persi e senza direzione, non avendo più il “nemico” da affrontare o l’ “amico” da compiacere.

Ed infine è arrivata la mazzata dell’Unione Europea: non ci è parso vero di poter abdicare da un tema che non ci ha mai davvero appassionato, restringendo i confini del nostro intervento ai palazzi di Bruxelles e nascondendoci dietro al mantra della perdita di sovranità nazionale per cedere le prerogative di scelte di politica estera alla Lady Ashton di turno. Finalmente il lavoro sporco, di strategia politica, lo faranno altri e noi ce ne laviamo le mani

In questi ultimi dieci anni il panorama mondiale è cambiato, ce lo diciamo ogni giorno. Il vecchio mondo è in declino, gli stati emergenti hanno messo a soqquadro il quadro economico e politico. Qual è la nostra posizione nei confronti di questo scenario? A parte qualche missione di primi ministri accompagnati dalle delegazioni di Confindustria per andare a vendere il prodotto Italia a Dubai e Doha, in cosa altro si è sostanziata la nostra politica estera verso i nuovi mondi?

Credo che, come popolo, dobbiamo essere molto onesti con noi stessi: alla maggior parte degli italiani di questo tema non interessa nulla. Ed allora, preso atto di questa situazione, smettiamola di invocare – come fanno molti anche oggi – una figura politica di primo piano che possa fornire un’impronta di un certo tipo. E’ inutile. A mio parere, molto meglio continuare anche nel prossimo governo con un Ministro tecnico, Ambasciatore di carriera, che sappia presidiare la diplomazia in tutte le proprie componenti organizzative, gestionali e tecniche. Personalmente spero che il Ministro Terzi, che in questi mesi ha lavorato sotto traccia con competenza e rigore, rimanga: per come abbiamo sempre impostato la nostra politica estera, mille volte meglio lui di un qualsiasi Fini o D’Alema di ritorno.

 

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