Si sa che un impegno lavorativo ti sottrae ai palinsesti più demenziali della programmazione televisiva. Il pomeriggio se ne va tra una riunione o un rubinetto da aggiustare e quindi riesci a sopravvivere alle Barbara D’Urso e a mangiare, la sera, con una minima funzione vitale dell’encefalogramma.

Volendo, dopo cena, mantenere inalterata tale funzione l’unica scelta possibile è quella di leggere un libro, fare l’amore con il proprio partner, giocare con i bambini, bisbocciare con gli amici. Sicuramente non quella di accendere la televisione.

Anche i più pregiati conduttori ormai hanno assunto la dimensione di amplificatori del nulla, dovendo a causa dello share cercare più l’incidente con l’ospite di turno piuttosto che una pacata riflessione. Chiederei a Santoro, se potessi, quale è il vero valore aggiunto di uno come Briatore. E lo chiederei non certo per i precedenti penali, ma per capire quale argomentazione politica si potrà mai trarre da gente del genere. Vale per le Santanchè, per i Toscani, per gli Sgarbi, i Castelli, i Latorre, le Mussolini (l’elenco è infinito e occupa tutte le reti televisive) e per tutti coloro che hanno fatto della televisione il loro unico mezzo di promozione personale non avendo null’altro, in termini di idee, da promuovere.

Intervallare il Briatore di turno ai collegamenti con l’esterno in cui ci si cala nella realtà drammatica di un paese in coma, allontana ulteriormente l’aspirazione di rendere, televisivamente, un servizio pubblico al paese. Al contrario, ci regala il colpo di grazia fomentando una avversione per una politica e una classe dirigente che viene identificata con quella rappresentata in televisione. Che è assai lontana dalla serietà con cui migliaia di amministratori, imprenditori, cittadini affrontano, quotidianamente, i grandi problemi di questo paese.

Forse se fossero invitati questi ultimi, potremmo recuperare una dimensione di approfondimento politico vero, anche rispetto ai tanti collegamenti esterni che fungono da cartina di tornasole di un paese alla deriva.

Al contrario si accetta e si incentiva una forma di alleggerimento televisivo. Alla pari dei casi umani pomeridiani si presentano i “casi politici o economici” serali in un continuum temporale che fa realmente della televisione un posto popolato solamente da fenomeni da baraccone.

Una televisione lisergica che si contrappone a quella sedativa di Vespa. Nulla che abbia a che fare, nell’uno o nell’altro caso, con l’informazione. Che è cosa seria e che come tutte le cose serie (tolta qualche rarissima eccezione) nell’Italia del circuito mediatico è sconosciuta.

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