È un po’ che non scrivo sul blog, vi chiedo scusa. Ma di cosa parlare? Delle elezioni in America? Direi che ne avete letto abbastanza e che io non sono proprio nessuno per esprimermi a riguardo. Delle elezioni in Sicilia? No, che va a finire che parlo sempre di Sicilia e poi mi propongono sempre ruoli da siciliano. Ogni tanto meglio glissare. Certo, un argomento succulento potrebbe essere commentare i Fantastici 5 che hanno parlato di papi e cardinali come loro idoli in una strana puntata di Xfactor. Be’ ammetto che sì, potrebbe essere divertente, ma io la puntata di Xfactor con Bersani & Co. non l’ho vista. Ero al cinema.

Perchè a Roma c’è il festival del cinema. E a me sta capitando di andare a vedere dei film e di venire invitato ai piccoli eventi satellite del festival; cocktail post proiezione e cose così. Io non è che sia proprio uno mondano, anche perchè di solito questo tipo di eventi sono la migliore piazza dove esibire i propri successi o parlare a volte con un po’ di fanatismo, dei propri progetti, delle mille idee, di provini andati bene, di sceneggiature scritte e così via; anche per me diventa irresistibile partecipare a questa gara a chi la spara più grossa e siccome poi quando torno a casa ci penso e me ne vergogno, penso sempre che quella è stata l’ultima volta, che non lo farò più, che non andrò mai più a feste e festini.

È ormai qualche tempo, in effetti, che la gara degli ego che si manifesta agli eventi pubblici è basata per lo più sul nulla; in Italia non ci sono soldi per le pensioni figuriamoci per il cinema. Ma ammettere di non avere una lira, di non trovare finanziatori, di pensare la sera, con la testa sul cuscino, alla possibilità di cambiare mestiere, confessare di farsi aiutare dai genitori, o di non fare un provino da mesi è difficile, anzi è impossibile. È una cosa brutta parlare di soldi, una cosa volgare. Ma solo quando di soldi non ce n’è.

Forse però, qualcosa sta cambiando. È un po’ di tempo che ci faccio caso, ma al festival in questi giorni ne ho avuto la conferma. Siamo tutti bellissimi con i vestiti che ci prestano gli sponsor per fare bella figura, siamo eleganti e sorridenti e tutti, produttori, attori, registi, autori, tutti abbiamo il pass in bella mostra e la mano impegnata da un bicchiere di vino (qualche anno fa era di champagne), tutti abbiamo le attenzioni dei fotografi e degli ammiratori. Ma i sorrisi sono meno larghi di un tempo, e siamo tutti un po’ meno brillanti, pare che non ci sia più voglia di dire minchiate, ma una voglia nuova e improvvisa di guardarsi in faccia, fare tintinnare i calici, sorridere al fotografo che ha beccato quel momento ed evitare di domandarsi se ci sono novità, quali sono i progetti in cantiere e se ci sono film in uscita. C’è una specie di voglia di dirsi la verità e di annuire comprensivi quando qualcuno ci dice la sua sulla crisi generale.

C’è meno imbarazzo, anzi non ce n’è più per niente; meglio dirsi con le tasche vuote ma combattivi, pronti a reagire, a non mollare e anzi a continuare a scrivere, farsi venire idee, mettere progetti in cantiere per quanto il cantiere possa essere fermo. Anzi mi sembra addirittura che da quando ci sono meno soldi ci sia in atto uno sforzo comune maggiore per avere idee nuove. E se penso ai film che mi piacciono e che sono stati rivelatori della storia di un paese, quasi tutti sono stati scritti in tempi di crisi. Roma città aperta è un film del 1945 quindi scritto e realizzato durante la guerra. Ma senza andare così indietro nel tempo, nella ex Jugoslavia durante e dopo la guerra si sono girati degli autentici capolavori. No, non sto auspicando una guerra o una depressione ancor più pesante di quella odierna, solo penso che tutto, anche le cose peggiori, possono essere trasformate in occasioni per cambiare il proprio modo di fare, di pensare e di lavorare. Se ripenso alle gare degli ego di qualche tempo fa, provo grande tenerezza, la trovo una cosa comica, che ci posso fare. Mi fa venire in mente il Silvio Magnozzi di Una vita difficile, interpretato da Sordi, che promette all’innamorata Elena (Lea Massari) una vita a Roma che in realtà lui ha solo sognato e che non avrà mai. Mica male. Una vita difficile è uno dei miei film preferiti.

Allora questa cosa di guardarsi in faccia e dirsi la verità, questo volersi sostenere a vicenda e comprendere, forse potrebbe essere una cosa importante. Mi piace questo abbraccio collettivo come in Baci e Abbracci di Paolo Virzì, tutti abbracciati a gridare in coro: non si soffre più, non si soffre più!

Perché un pochino di incoscienza per fare il cinema è necessaria, ed è necessario anche continuare a pensare positivo, a dirsi fiduciosi che cambierà, che anzi siamo solo noi gli artefici di questo possibile cambiamento, e ora che ci penso forse è un ragionamento che non riguarda mica solo il cinema.

Penso anche che questo periodo difficile è come un setaccio; rimarrà al di qua della rete solo chi si confronta con gli altri, nel bene e nel male, solo chi farà fronte comune e chi avrà ancora la voglia e la forza di credere in un cambiamento che sembra impossibile.

Ma niente, continuo a non sapere di cosa scrivere oggi sul blog. Alla prossima, allora. 

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