Puntualmente, dopo ogni manifestazione, anziché concentrarsi sul motivo dello scontento che ha dato luogo alla manifestazione, si finisce per contare i feriti o per condannare l’uso della violenza da parte di questo o quell’elemento. Ciò avviene perché non siamo una civiltà matura anche se crediamo di esserlo.

L’idea della Forza Pubblica è un’idea democratica, nata durante la rivoluzione francese. Si avvertiva la necessità di una Forza che contrastasse non solo i crimini dei poveri cristi, ma che contrastasse il crimine di chiunque, anche dei potenti, una Forza che mettesse tutti sullo stesso piano e che permettesse ai poveri di appellarsi alla giustizia anche contro chi aveva la possibilità di pagare guardie armate. La Forza Pubblica doveva permettere alla contadina stuprata di non sentirsi minacciata in caso di denuncia nei confronti di un nobile, doveva consentire il ricorso alla giustizia all’uomo umile che si vedeva depredato ingiustamente di un campo, o dei suoi pochi mezzi di sostentamento.

A cosa serve oggi la forza pubblica? Quel che si dice è che serve a proteggere gli indifesi dai soprusi, non a difendere il potere dalla possibilità di un’immagine offuscata. Quando la Forza Pubblica è artefice a sua volta di un sopruso, contravviene alla propria missione. Ma quando assistiamo a tagli economici che premiano l’esercito e penalizzano la Polizia nelle proprie funzioni di protezione sociale o di investigazione, l’intento mi sembra chiaro: l’esercito serve a difendere i potenti e la Polizia ha buoni mezzi quando si tratta di arginare manifestazioni di dissenso sociale ma non quando si tratta di prevenire quella che sembra ormai una piaga sociale e cioè la microcriminalità. Prevenire è proprio il verbo che sembra mancare alla nostra Forza Pubblica, che sembra avere assunto un ruolo punitivo.

Ma punitivo in confronto di chi? Qui il discorso diventa dolente. Il meccanismo è lo stesso, da sempre: la Polizia viene schierata a stretto contatto coi manifestanti. Alcuni facinorosi s’intrufolano nelle manifestazioni, spaccano un po’ di cose, compiono gesti di bullismo sociale e poi scappano. Dopo che i bulli sono scappati la polizia interviene tirando sprangate contro quelli che riesce a beccare, cioè contro gli unici che non scappano.

Questo meccanismo ha come scopo quello di dissuadere le persone pacifiche dal partecipare a manifestazioni di dissenso.

Ma proprio in virtù di questo meccanismo, non vi sembra che quelli che spaccano le macchine, che tirano sassi, i bulli col casco che si sentono eroi per cinque minuti, insomma, tutti quelli che provocano la catena della violenza siano conniventi con il Potere che non vorrebbe quelle manifestazioni di dissenso? Non vi sembra che, volenti o nolenti, quei bulli facciano proprio il gioco del Potere?

Oggi non esiste una Forza Pubblica. Esiste una Polizia Privata sempre più al servizio del potere e un’altra polizia privata, quella dei bulli col casco, evidentemente in combutta con l’altra. Vogliamo dirlo, una volta per tutte, che quelli che creano volutamente disordini alle manifestazioni, sanno benissimo che la Polizia Privata se la prenderà con gli innocenti? Vogliamo dirlo che è proprio ciò che questi rivoluzionari della domenica vogliono? Sanno già che il giorno dopo qualcuno punterà il dito contro la Polizia, è questo che vogliono e ritengono che qualche innocente sprangato può ben essere immolato sull’altare del dissenso sociale. Lo sanno già, infatti, a differenza degli altri, loro hanno il casco.

Il mito del coraggio ha già sterminato parecchi cretini ma, peggio, ha rovinato la vita di tanta gente a cui delle favole della nonna non gliene frega niente. La cosa chiara è che non siamo una civiltà matura.

 

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