Gabriele Dadati è uno scrittore e un editore, classe 1982. Così, quando è stato colpito da un cancro al testicolo sinistro, ha fatto una cosa normale e una insolita: si è messo nelle mani di un’equipe di oncologi per sopravvivere e, una volta guarito grazie a loro e alle strutture della spesso meravigliosa sanità pubblica italiana, ha scritto una lettera aperta ai politici della sua città per vivere meglio lui e per far vivere meglio tutti gli altri. Sapete come sono gli scrittori: sanno sognare, sanno mettere i sogni sulla pagina e lo fanno spesso più per i lettori che per loro stessi.

La lettera la trovate sullo storico quotidiano Libertà di Piacenza (edizione del 5 novembre 2012, prima pagina), e in epoca di Internet, per fortuna la ritrovate su diversi altri siti. Gabriele chiede ai parlamentari piacentini:

Pier Luigi Bersani (Pd), Paola De Micheli (Pd), Tommaso Foti (Pdl), Maurizio Migliavacca (Pd), Massimo Polledri (Lega Nord) di introdurre un insegnamento strutturato di educazione sanitaria nelle scuole dell’obbligo.

Questo perché, dice Gabriele, e qui faccio un’eccezione alla regole del giornalismo e lascio per intero la parola a lui: “La mia esperienza è stata di dolore fisico ed emotivo. Un dolore che mi sarei volentieri risparmiato. E inoltre è stata un’esperienza coincisa con un intenso percorso dentro il Sistema sanitario nazionale: due operazioni, tre cicli di chemio, due tac, due pet, la crioconservazione del seme, infiniti esami del sangue, infinite visite, infiniti medicinali. Il che vuol dire, concretamente, che quest’anno sono costato molte migliaia di euro allo Stato. Avrei preferito costare un po’ meno e soffrire un po’ meno, a dire la verità. Come sarebbe stato possibile? Forse, se mi fossi allarmato prima per il piccolo rilievo che sentivo sul testicolo (lo sentivo da mesi), avrei affrontato la malattia in uno stadio precedente e la seconda operazione o addirittura la chemio non sarebbero state necessarie. Ma il cancro al testicolo è subdolo: non fa male e in più è molto raro, quindi nessuno ti mette in guardia.”

Gabriele ha fatto anche delle proposte precise, che naturalmente toccano la prevenzione che si può fare a scuola: “Immagino una scuola dell’obbligo in cui si affianchi all’educazione fisica un insegnamento teorico con un monte ore congruo. Immagino programmi scolastici in cui si parla seriamente di alimentazione – cibi basici e cibi acidi: come sa ogni malato oncologico, ma varrebbe la pena scoprirlo prima – e si offre a ogni ragazzino una conoscenza buona del suo corpo, perché impari a monitorarlo e ad ascoltarne i segnali. Immagino compiti in classe e interrogazioni in cui si danno anche insufficienze e magari si boccia, perché una appropriata cultura della salute è importante tanto quanto la letteratura, la matematica e le altre materie.”

A distanza di dieci giorni, Gabriele non ha ancora ricevuto risposta alla sua bella lettera.

E’ ora che la riceva.

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