Nel futuro della cura del cancro, la radioterapia potrebbe battere il bisturi. Si tratta infatti di una tecnica sempre più importante, al punto che entro 10 anni si stima che verrà utilizzata nell’85% dei malati di tumore, e sarà sempre più sostitutiva di chirurgia e chemioterapia, anche grazie alla maggiore efficacia e ai costi inferiori rispetto alle altre due modalità alternative di cura meglio conosciute. La radioterapia oncologica, anche se ‘nell’ombra’, potrebbe essere già oggi l’alternativa principale nella cura dei tumori, e la sua importanza è destinata a crescere anche grazie alla continua evoluzione delle tecnologie. Delle prospettive di questa specialità, ma anche dei problemi e delle necessità attuali, a partire da un adeguamento della dotazione tecnologica, si parlerà al congresso dell’Associazione italiana di radioterapia oncologica (Airo) a Roma dal 17 al 21 novembre.

Già oggi il 60-65% dei pazienti oncologici fa ricorso alla radioterapia, ma l’effetto combinato delle nuove applicazioni messe a punto negli ultimi anni e dell’aumento generale dei tumori faranno lievitare la cifra. A guidare la ‘rivoluzione’ sono le nuove tecnologie, che ormai permettono di colpire il tumore con radiazioni precise quanto un bisturi e di aumentare quindi le dosi, riducendo il numero di sedute necessarie. Ne è un esempio la prima terapia con un bisturi di ioni carbonio iniziata pochi giorni fa dal il Centro nazionale di adroterapia oncologica (Cnao) di Pavia, ma se questo avanzamento è per ora utilizzabile per neoplasie molto rare, l’effetto delle radioterapie meno avanzate ma sempre hi-tech disponibili anche nel nostro Paese è evidente anche contro i ‘big killer’.

Nei tumori più diffusi, ad esempio, quelli della prostata, del seno e del retto, la radioterapia da sola o associata alle altre metodiche svolge un ruolo fondamentale: nei tumori al seno, la radioterapia eseguita dopo la chirurgia, riducendo il rischio relativo di recidiva omolaterale di circa il 75% deve essere considerata parte integrante del trattamento conservativo delle neoplasie in stadio iniziale. Il dato è molto importante perché per ogni quattro recidive evitate si evita una morte per carcinoma della mammella. ‘Nel tumore della prostata – spiega Riccardo Maurizi Enrici, copresidente del congresso – la radioterapia a dosi radicali raggiunge risultati di efficacia, da sola o associata alla terapia ormonale, sovrapponibili alla prostatectomia tradizionale o robotica con una mortalità cancro-specifica a 10 anni del 3,9% nei pazienti a rischio basso e intermedio e dell’11,5% in quelli ad alto rischio In altri casi invece, prima dell’intervento chirurgico, la radioterapia associata o meno alla chemioterapia permette di ridurre l’effetto invalidante della resezione chirurgica, che diventa più conservativa, con un evidente vantaggio sulla qualità della vita come nel caso delle neoplasie del retto dove il tasso di colostomie definitive si è drasticamente ridotto”.

Oltre ai vantaggi per il paziente, la radioterapia permette anche di risparmiare risorse economiche, sia perché ha costi ridotti rispetto alle altre modalità di cura sia perché riduce ricoveri ed effetti collaterali nei malati. Il censimento contenuto nel Libro Bianco sulla oncologia ha evidenziato luci e ombre nel sistema italiano. Le criticità evidenziate dagli esperti sono essenzialmente la dotazione tecnologica (secondo gli standard europei necessiterebbero 420 acceleratori lineari, mentre ora sono 346), la disomogeneità territoriale, l’obsolescenza delle apparecchiature (il 25% circa supera i 10 anni di attività) e la carenza di risorse umane (necessiterebbero almeno altri 80-100 radioterapisti oncologi): “La situazione italiana – spiega il presidente Airo Giovanni Mandoliti – è quella di un Paese dotato in modo abbastanza disomogeneo tra nord, centro e sud, di tecnologia adeguata (radioterapia conformazionale, Imrt, radioterapia stereotassica). Quindi i pazienti sono costretti a viaggiare, aggiungendo al problema psicologico del cancro anche il disagio logistico ed economico degli spostamenti”.

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