Non sono neanche trascorsi tre mesi da quanto è entrata in vigore, che il Parlamento sta già cercando di affossare la norma, introdotta con la Spending review, che rende obbligatorio per il medico prescrivere il farmaco tramite il suo principio attivo, e non più con il nome commerciale. Udc, Lega, Pdl e Pd hanno presentato infatti quattro emendamenti fotocopia al dl Sviluppo, in cui l’obbligo di prescrivere il principio attivo diventa una “facoltà”. Del resto questa norma era stata maldigerita e avversata fin da subito, non solo dal mondo dell’industria farmaceutica, ma anche dai medici generici, che si sono visti “defraudati” del loro ruolo prescrittivo, e nelle scorse settimane circolava già l’idea al Senato che delle modifiche sarebbero potute passare con emendamenti al dl Sviluppo. Detto, fatto.

Secondo la proposta presentata, “il medico che curi un paziente, per la prima volta, per una patologia cronica, ovvero per un nuovo episodio di patologia non cronica, per il cui trattamento sono disponibili più medicinali equivalenti, indica nella ricetta del Ssn la denominazione di uno specifico medicinale. Il medico ha la facoltà di aggiungere il principio attivo”. Netta la contrarietà espressa dal ministro della Salute, Renato Balduzzi, secondo cui la norma sulla prescrizione del principio attivo “è equilibrata e non vedo ragioni per non continuare sulla strada della valorizzazione della cultura e della pratica del farmaco equivalente che fa risparmiare i cittadini e l’Ssn. Mi sembra un’iniziativa individuale di singoli senatori, non dei partiti”.

La norma vigente, ribadisce Balduzzi, “dà la facoltà al medico di orientare i pazienti e i farmacisti. Quando c’é una ragione per indicare il nome commerciale di un farmaco il medico lo motiva, in tutti gli altri casi vale il principio di equivalenza come in tutto il resto del mondo. Chi produce un farmaco ‘griffato’ basta che abbassi il prezzo e venderà lo stesso il suo prodotto”. Ma nonostante le sue parole, pare che nel governo sia in corso una ‘trattativa’ sulla proposta venuta dal Parlamento.

Lo dimostra il fatto in commissione Industria al Senato il governo abbia dato, tramite il sottosegretario allo Sviluppo economico Claudio De Vincenti, parere favorevole agli emendamenti sui farmaci, che verranno votati in commissione il 20 novembre dopo il parere della Bilancio. Come ha spiegato il presidente della commissione Industria, Cesare Cursi, “c’è l’ipotesi di una riformulazione. E’ giusto difendere l’industria farmaceutica, che spende in ricerca e investe nel Paese creando lavoro e innovazione”. Quanto alla posizione di Balduzzi, Cursi replica che “il ministro è il ministro, poi c’è il Parlamento”.

E a confermare che all’interno del governo vi siano diverse posizioni, ci pensa direttamente il ministro: “L’opinione espressa in commissione Industria non è del governo, ma del sottosegretario presente, che comunque è titolato, e in ogni caso non è la mia. Se sarà l’opinione del governo, ma non ne abbiamo ancora parlato, mi adeguerò alla volontà collegiale, che però ho l’ambizione di contribuire a formare”.

Ci sono un paio di dati di fatto da evidenziare però: il primo è che l’industria farmaceutica sta facendo molto ‘pressing’ contro questa norma. Lo stesso presidente di Farmindustria, Massimo Scaccabarozzi, già dopo 20 giorni dall’entrata in vigore dalla norma, aveva evidenziato come le industrie farmaceutiche avevano subito un calo del 10% dei prodotti di marca. L’altro dato è che l’Italia, fino all’estate scorsa, era uno dei pochi Paesi rimasti dove il legame con i marchi farmaceutici era fortissimo.

Negli Stati Uniti e nel resto d’Europa da tempo si incentiva, con i modi più vari, il consumo di farmaci generici. Secondo un rapporto dell’Austrian Health Institute, tra i 27 paesi dell’Ue, 22 incoraggiano i medici a prescrivere il principio attivo del farmaco, mentre in Estonia, Lituania, Portogallo e Romania è obbligatorio. Infine AssoGenerici ha annunciato che garantirà la riduzione del prezzo dei farmaci generici in media del 5% nel 2013, procurando risparmi per il Ssn pari a 250 milioni. 

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