Tra i commenti a questo blog, uno in particolare mi ha colpito, nel senso che è stato per me motivo di pensiero e riflessione. Diceva che agli uomini (nel senso di esseri umani di sesso maschile, non nel senso di genere umano) non interessa la danza.  In effetti ce ne erano stati altri di commenti di questo tenore, in cui il principio enunciato era più o meno lo stesso. La danza non è cosa da uomini. Almeno non è cosa da uomini eterosessuali. La danza è un mondo che attiene alle donne e agli omosessuali.

Ovviamente il mio primo pensiero è stato: “ma allora perché commentano? Se qualcosa non rientra nel tuo campo di interesse perché sprechi anche due minuti del tuo tempo per parlarne? E non per parlarne perché per un attimo qualcosa di lontano da te ha attratto la tua attenzione, ma proprio per ribadire che non ti interessa?”. 
Non avendo trovato una risposta sensata al mio primo quesito sono passata al secondo: “ma sarà vero che agli uomini la danza non interessa? E se è vero, perché?”.

Certamente la questione è complessa e non si risolve certo con una secca dichiarazione sulle preferenze artistiche di genere. Intanto che significa che non interessa? Che gli spettatori degli spettacoli di danza sono prevalentemente donne? O che gli uomini non praticano la danza?
Vediamo: rispetto al pubblico, in tanti anni che lavoro in teatro e giro per l’Italia e per l’Europa con spettacoli di danza, non ho mai notato significative differenze di genere nel pubblico. Forse gli uomini presenti in sala sono lì solo per accontentare mogli, amiche e fidanzate, ma per scoprirlo dovremmo chiederlo a loro. Di fatto il pubblico della danza è un pubblico misto, senza prevalenze di genere. In particolare per quanto riguarda la danza contemporanea, che attrae prevalentemente un pubblico giovane, fatto di ragazze e ragazzi, senza distinzioni.
Rispetto invece a chi la danza la sceglie come professione, sia come interprete che come autore, il discorso sia più complesso.

Oggettivamente ci sono più donne che uomini. Almeno in Italia. Perché frequentando le compagnie di danza di altri paesi mi rendo conto che c’è un equilibrio maggiore nel rapporto numerico tra danzatori e danzatrici, tra coreografi e coreografe. Ma sicuramente è vero che qui ci sono più donne professioniste della danza che uomini.

Cominciando dalla formazione. Le classi delle scuole di danza sono piene di bambine mentre scarseggia la presenza maschile. Immagino che questo dipenda molto dalle scelte che i genitori fanno per i propri figli. In generale i maschi si mandano a praticare uno sport e le femmine a danza. Questo significa che se una ragazza sceglie la danza come professione, sceglie qualcosa con cui ha già avuto a che fare, direttamente oppure indirettamente, perché se a scuola di danza lei non ci è andata, sicuramente c’è andata qualcuna delle sue amiche. Per un ragazzo invece scegliere la danza significa scegliere qualcosa che non solo non ha mai praticato, ma che ha sempre vissuto come qualcosa che appunto riguarda l’altro sesso. Scegliere la danza per un ragazzo significa dover aver sviluppato un amore, una dedizione, per qualcosa di apparentemente lontano da lui. E spesso significa dover affrontare lo scherno per aver scelto qualcosa di poco maschile.

Mentre facevo queste riflessioni stavo lavorando con una compagnia di danza di Palermo. Mi sono confrontata con loro e quello che mi ha detto uno dei due ragazzi (un giovane danzatore, che ancora non ha venticinque anni) è stato illuminante. Mi ha confessato che ora che è un professionista danza perché ballare è la sua passione, la sua vita, quello che gli permette di esprimere a pieno le sue potenzialità e la sua creatività, ma quando ha iniziato l’ha fatto perché si era accorto che ballando (anzi, ballando bene) aveva maggior appeal sulle ragazze. Insomma ‘rimorchiava’ di più. Ho pensato che aveva veramente ragione.

Ricordo bene quando da giovinetta andavo a ballare con le mie amiche. Ricordo i nostri commenti mentre in pista si agitavano centinaia di persone (moltissime ragazze, pochi ragazzi). Chi ballava, chi si muoveva bene o chi aveva comunque il coraggio di ballare superando anche la propria goffaggine adolescenziale veniva ricambiato da sguardi di approvazione e aveva maggior facilità a cominciare conversazioni con l’altro sesso. Perché chi balla è sexy. Perché chi sa rapportarsi con grazia e ritmo al proprio corpo ti fa immaginare che lo sappia fare in molti ambiti della propria vita, oltre che su una pista.

E se è vero che agli uomini, come afferma qualcuno, non interessa la danza, è un peccato, per loro in primis, perché perdono un’occasione di entrare in relazione con il proprio corpo e con le donne. Ne avranno sicuramente altre, ma questa sicuramente la perdono.

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