Scene di guerriglia a Lisbona, davanti al parlamento portoghese. Centinaia di manifestanti che abbattono le barriere della “zona rossa” e che lanciano sanpietrini contro i poliziotti in tenuta antisommossa, i quali rispondono serrando i ranghi e lanciando un numero spropositato di lacrimogeni. Non sono scene che si possono facilmente incontrare nelle manifestazioni portoghesi, le quali si sono da sempre distinte (perfino durante la “rivoluzione dei garofani” nel 1974) per il loro carattere “rispettoso” e pacifico.

Evidentemente, ciò può essere considerato un segnale del crescente disagio sociale a seguito della “terapia” imposta dalla troika, che gli altri scioperi generali e parziali non sono riusciti minimamente ad arginare o respingere. Questo di oggi, infatti, è il quarto sciopero generale in Portogallo dal 2009 ed il secondo nel 2012. Decine di altri scioperi parziali, in particolare nel settore del trasporto pubblico e privato, hanno più volte paralizzato il paese nell’ultimo anno. Solo durante lo scorso ottobre i lavoratori del trasporto hanno incrociato le braccia per ben tre volte, creando notevoli disagi. Eppure, a livello politico gli sforzi enormi compiuti dai lavoratori portoghesi non hanno avuto alcun esito concreto. I loro scioperi e le loro lotte non hanno finora potuto fermare l’attacco sferrato contro di loro dalla troika e dal governo portoghese in carica: il taglio fino al 30% degli stipendi, l’aumento dell’Iva, il taglio di quasi tutti i sussidi ed il peggioramento delle condizione lavorative. C’è infatti chi giudica le misura di austerità adottate dal governo portoghese persino peggiori di quelle adottate dal governo greco. Il dato però da registrare in tutta questa situazione è che tutte i provvedimenti di austerità adottati dal governo e dal parlamento portoghese non sono ancora entrati in vigore. Molti diventeranno infatti effettivi a partire dal gennaio 2013. Forse questo è un elemento da considerare anche nella valutazione del disagio sociale in Portogallo, che finora può considerarsi assolutamente tiepido.

Come ormai si verifica sempre più spesso in diversi paesi europei che affrontano le terribili conseguenze della recessione economica in atto, le proteste sociali, di lavoratori e studenti, non trovano alcun interlocutore nelle forze politiche di opposizione all’interno dei parlamenti. Questo accade anche in Portogallo, dove il più grande partito di opposizione in parlamento, il partito socialista portoghese, assume molto spesso una posizione di ambiguità: promuovendo da un lato il rifiuto sociale contro le politiche governative di austerità e, dall’altro lato, negoziando ogni volta in parlamento il sostegno ai provvedimenti legislativi che trasformano in legge le misure anti-sociali. L’ambiguità del partito socialista si riflette anche nell’atteggiamento del sindacato UGT, da esso controllato: pur criticando aspramente le politiche di austerità del governo e della troika, l’UGT non ha aderito infatti allo sciopero generale di oggi.

D’altra parte, invece, il partito comunista portoghese, nel mentre promuove una efficacissima propaganda contro le misure di austerità (sono davvero belli i manifesti del PCP contro la troika), non manca di boicottare ogni forma di movimento di protesta della società civile. Come altrimenti interpretare, infatti, la non partecipazione del partito comunista portoghese al “congresso delle alternative” del 5 ottobre scorso indetto da nascenti collettivi autonomi, movimenti della società civile e parte del partito del Bloco de Esquerda (Blocco di Sinistra)?

In un contesto di questo tipo è facile comprendere allora perché riescano a salire alla ribalta gruppi o movimenti la cui piattaforma politica è inesistente oppure ambigua. Si possono citare in tal senso gli “estivadores”, gruppo che comprende alcuni lavoratori del porto di Lisbona. La loro partecipazione nelle ultime manifestazioni è notata soprattutto a causa della maggiore animosità mostrata durante tali manifestazioni. Nessuna proiezione politica chiara è emersa dalle loro proteste negli ultimi mesi.

Nel frattempo, però, Arménio Carlos, leader del CGTP, che aveva indetto lo sciopero generale di oggi, si dice molto contento del risultato ottenuto. Il suo discorso, però, non è stato oggi molto ascoltato, perché interrotto dai petardi o dallo slogan (o esortazione?), urlato a squarcia gola dai moltissimi giovani riuniti oggi nelle piazze: “A luta continua nas empresas e na rua” (La lotta continua nelle imprese e nelle strade). 

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