Di concerti Cesare Cremonini deve averne fatti tanti, ma cantare al Pala Dozza è tutta un’altra storia. “Quando venivo al palazzo a vedere la Fortitudo giocare, – attacca il cantante bolognese, – me ne stavo sempre lassù all’ultimo cerchio”. Il “palazzo” in gergo cittadino è il palazzetto dello sport di Piazza Azzarita e qui ci veniva quando da ragazzetto tifava la squadra di basket. Anni fa che sembrano secoli e che danno tutto un altro sapore all’esibizione della serata che sembra un ritorno in famiglia. Tre date (9-16-17 novembre) per un tutto esaurito da mesi che segna il debutto di Cesare Cremonini in terra bolognese con il nuovo album “La teoria dei colori”. Ad accoglierlo una platea di fan con magliette e striscioni, e il calore delle migliori occasioni.

Comincia con un urlo “Bologna quanto ti amo” ed ogni canzone è una dedica ai portici, e alla città dove è nato e cresciuto e soprattutto dove vive ancora. Un’emozione che non riesce a descrivere davanti ad un pubblico che forse è anche il più severo di tutti. Perché se in giro per l’Italia sono i liceali e adolescenti a riempire i palazzetti, a Bologna, casa sua, sono in tanti che si riconoscono in quelle strofe, in quegli stralci di città infilati a mozziconi nelle sue canzoni. E allora c’è la mamma con il figlio, i genitori, gli adulti e pure i ragazzi un po’ cresciuti per cantare “Vorrei”. Ma ci sono tutti, e sicuramente pure i tanti che hanno suonato con lui, dal primo concerto in vicolo Bolognetti, fino alle prime esibizione con il gruppo d’esordio i “Lunapop”.

E tra emozioni e sudore, Cesare Cremonini regge oltre due ore di concerto, correndo sul palco senza pause. Parte con “Una come te”, “Padre madre”, “Il comico”, “La nuova stella di Broadway”, ma ripercorre tutti i successi da “Marmellata #25” a “Mondo”. Giusto il tempo di correre dietro il palco a cambiare la maglietta, e arriva trafelato un Cremonini in camicia bianca per suonare al pianoforte i lenti storici del suo repertorio. Nel mezzo c’è anche spazio per “50 special”, con un palazzetto che esplode di gioia, in un boato di ricordi che unisce tutte le generazioni. “Ho scritto questa canzone, – dice Cesare, – scarabocchiando su di un foglio al liceo durante l’ora di matematica. Forse ve la ricordate”. Un’accoglienza che è una festa dall’inizio alla fine per ricordare a Cremonini da dove è partito e  dov’è casa sua. Ed è solo l’inizio. Si replica il 16 e il 17 novembre.

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