Ammetto di essere arrivato a quasi 39 anni senza aver mai letto prima un libro di Franco Buffoni. E’ una colpa piuttosto grave, per come la vedo io, perché i libri di Franco Buffoni, che siano saggi o romanzi, appartengono a quel genere di prodotti culturali di cui un uomo di buon senso non vuole proprio privarsi.

Per rimediare almeno parzialmente, me ne sono letti due uno di fila all’altro. Il primo si chiama Zamel (Marcos y Marcos editore, 2009, 12 euro) ed è un piccolo capolavoro. Lo “zamel”, in arabo, identifica la “checca”. L’uomo omosessuale passivo, spesso considerato solo occidentale e bianco, ma non per forza. Franco Buffoni, che mi piace pensare ispirato anche dal mio Gay: diritti e pregiudizi citato in bibliografia, scrive un libretto delizioso, a metà fra il saggio leggero ma colto e il canovaccio teatrale, in cui riassume i punti salienti di venti secoli di storia e cultura omosessuale in un gradevolissimo dialogo epistolare fra Edo e Aldo, due amici di generazioni distanti.

Edo è un giovane gay, figlio del XXI secolo, tutto acceso dalla sua militanza queer, che vuole portare a poco a poco il suo amico Aldo, molto più grande di lui e figlio di una cultura per niente gay e completamente omosessuale, in cui il “frocio” è tale in quanto si sente donna e vuole trovare il vero uomo, possibilmente etero: una perfetta ricetta verso l’infelicità perpetua. Aldo, alla ricerca di una sua privata arcadia “frocia” perduta, si è addirittura trasferito a Tunisi, da Roma. Lì è convinto di aver incontrato nuovamente quel tipo di società arcaica (e ovviamente tradizionalista e omofobica) in cui il maschio è maschio e va in cerca guidato dal dio ormone, mentre la donna è donna e sta in casa col velo e di più non volere. Tanto la donna si copre, che il maschio desidera tutto: altre donne, altri maschi da sottomettere in un rapporto certo non paritario, certo non gay, ma appunto tra uomo e “zamel”.

I due punti di vista sono illustrati con intelligenza e arguzia, in modo che l’autore evita di farci pendere troppo facilmente dalla parte di Edo o di Aldo. Ne risulta un quadro ben bilanciato, ben scritto che mette in luce una cultura davvero ampia e godibilissima. C’è un immancabile finale drammatico, che forse poteva essere evitato per collocare questo libro pienamente nel XXI secolo della letteratura italiana, ma considerata l’ambientazione nel mondo arabo, forse è giusto così. In ogni caso, Zamel è un libro bello, una buona lettura che consiglio caldamente a tutti, soprattutto a chi non è bisessuale o gay. In particolare, lo consiglio al collega Beppe Severgnini, che continua a scrivere in modo molto elegante concetti separazionisti e discriminatori che nulla hanno di elegante.

Tanto mi era piaciuto “Zamel” quanto sono rimasto deluso dal secondo volume di Franco Buffoni che ho letto: Laico alfabeto in salsa gay piccante. L’ordine del creato e le creature disordinate (Transeuropa, 2010, 14 euro). Il motivo è semplice: in Canada si parla molto, di recente, del cosiddetto “self-plagiarism” ossia l’auto-plagio. Consiste nell’usare due o più volte dei propri scritti, da pubblicare per diversi editori o riviste. Quando ne ho letto su una rivista accademica, ho pensato che i canadesi esagerassero: chi non riutilizza almeno una piccola parte dei propri studi per più pubblicazioni? Però è vero che occorre stabilire un limite. Perché se si adopera più del 5-10% di qualcosa di già edito, per chi legge diventa fastidioso. E’ proprio l’errore commesso dall’autore di questo secondo volume, successivo a Zamel di un anno. Nel 40% dei casi gli scritti di Laico alfabeto erano stati già usati per Zamel. Aggiungete un altro 10% di scritti esplicitamente ricopiati dall’autore dalla rete, e avete che circa la metà (se non di più) delle pagine di questo Laico alfabeto non sono inedite. E’ una cosa abbastanza inaccettabile, sia da parte dell’autore che dell’editore.

E tuttavia, anche in Laico alfabeto esistono delle perle assolute. Questo perché Franco Buffoni è, parere personale, un grande che crede nelle cose giuste. Il libro è organizzato in forma di saggio, con 56 voci in ordine alfabetico (due per ogni lettera) più cinque approfondimenti che cercano di illustrare il motivo per cui non si può parlare di omosessualità senza abbeverarsi ai temi dell’ateismo e della scienza. Forse la voce più gustosa è “Epica”, basata per altro su un dialogo con Adonis, uno dei maggiori poeti di lingua araba. In questa voce si legge tra l’altro: “In un dialoco con Adonis […] convenimmo che l’ostacolo maggiore allo scatto antropologico di cui necessita la Sapiens-sapiens di cultura abramitica è costituito dal monoteismo.” E si va avanti a spiegare come le lotte di religione siano state e continuino a essere un freno eccezionale al progresso del genere umano.

Altra perla: la distinzione fra Camp e Kitsch è scritta con maestria (non a caso Buffoni è stato il maestro dell’ottimo Fabio Cleto, autore di due delle massime antologie sul Camp pubblicate tanto in inglese che in italiano). La voce su Zapatero, infine, contiene una parte sul Partito Democratico che è tenera per quanto ingenua. La cito: “Abbiano, al Pd, il coraggio di depurarsi. Abbiano dignità intellettuale e la visione europea di una moderna socialdemocrazia laica. La modernità non può essere accolta a pezzetti. La modernità è una sola ed è fatta di aeroplani e di pillola del giorno dopo, di emancipazione femminile e omosessuale, di informatica e di procreazione assistita. E di RU486. E in Italia è fatta anche di abolizione dei privilegi stoltamente concessi in passato da clericali e politicanti opportunisti alla chiesa cattolica.” Carissimo Franco: se mai il PD avrà avuto il coraggio di “depurarsi”, come dici tu, sarà nato un nuovo partito laico e socialista, a prescindere dal suo nome. A oggi i due nomi forti del PD sono Bersani e Renzi, non mi pare che nessuno dei due abbia intenzione di camminare nella direzione da te giustamente suggerita. Non dimentico, però, l’importanza dell’utopia.

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