Tutte le Province italiane faranno ricorso ai Tar contro i tagli varati dal Governo contro le Province: lo ha annunciato il neopresidente dell’Upi, Antonio Saitta, spiegando che “si tratta di una decisione non più rinviabile, visto che i 500 milioni di tagli imposti alle Province non sono sopportabili”. I rappresentanti delle province incontreranno il ministro dell’Economia, Vittorio Grilli, alle 16. “Porteremo le nostre ragioni al ministro e al termine dell’incontro prenderemo le decisioni necessarie” ha dichiarato Saitta. “Noi chiediamo solo rispetto – prosegue – non siamo una lobby economica ma un pezzo elettivo dello Stato; i giudizi del ministro Patroni Griffi e del Governo non possono essere di disprezzo verso le Province”. L’assemblea dell’Upi resta convocata in maniera permanente e Saitta ha chiesto incontri all’Anci e alla Conferenze delle Regioni “perché bisogna rinsaldare l’unità d’azione delle associazioni delle Autonomie territoriali, che stanno pagando il prezzo più pesante dei tagli ai bilanci”.

Ma le proteste dei presidenti di Provincia erano cominciate già stamani con un allarme che è suonato come un avvertimento. “Le Province italiane decideranno a breve la chiusura dei riscaldamenti nelle scuole (superiori, ndr) e conseguentemente l’aumento delle vacanze per gli studenti” dice Antonio Saitta spiegando che l’iniziativa “prende le mosse per protestare contro i tagli di 500 milioni decisi con la spending review”. Ma Province e Governo sembrano essere ai ferri corti più di quanto traspaia. Pensare che perfino il ministro della Funzione Pubblica Filippo Patroni Griffi sembra aver perso il suo aplomb: “Al neo Presidente dell’Upi, Antonio  Saitta, faccio i complimenti per il nuovo incarico – dice – e soprattutto gli auguro di avere un comportamento più consono all’istituzione che rappresenta”. 

“Il governo è ingrato e decisioni come queste debbono essere ben spiegate agli studenti e ai loro genitori” aggiunge Saitta alla platea dei presidenti di Provincia. “Bisogna spiegare soprattutto che il governo non ha il coraggio di fare una spending review su sé stesso e che, tra l’altro, siamo pronti anche – ha sottolineato – ad interrompere i lavori di manutenzione nelle scuole. E quando qualche procuratore della Repubblica, come accade nella provincia di Torino con il bravo Guariniello, ci dirà che i lavori debbono essere terminati, noi opporremo un netto rifiuto, visto che le risorse non ci sono più”. Di questo “informeremo il Consiglio superiore della magistratura e al vicepresidente Michele Vietti chiederemo se dobbiamo rispettare i programmi per il controllo delle scuole o se invece dobbiamo dare retta ai tagli imposti dal governo con la spending review. Stessa richiesta – ha aggiunto – la faremo alla Corte dei Conti, anche relativamente ai numerosissimi decreti ingiuntivi che in questi giorni stanno arrivando agli Enti da parte delle imprese, che ammontano nel complesso a circa 2,8 miliardi di euro”. Altre azioni analoghe annuncia il neo presidente dell’Upi, dovranno essere prese dal prossimo ufficio di presidenza dell’organizzazione per quanto riguarda l’espletamento di altri servizi, come ad esempio i trasporti e i centri per l’impiego, che molto probabilmente verranno chiusi”.

Minaccia che per primi fa arrabbiare in realtà i presidi italiani: “Fare dispetti e ritorsioni porta solo ulteriori problemi e nessuna soluzione: una catena senza fine” commenta Giorgio Rembado, presidente dell’Associazione Italiana Presidi. “Voglio sperare che l’idea rientri solo in una forma di pressione nell’ambito delle contrattazioni tra Stato e autonomie locali per quanto riguarda la distribuzione delle risorse – dichiara Rembado – Altrimenti potrebbe apparire come una sorta di sabotaggio al servizio dell’istruzione. Ma a tutto c’è un limite anche alle ritorsioni”. Secondo il rappresentante dei presidi, le competenze delle Province, come provvedere al riscaldamento delle scuole, sono previste dalla legge ordinaria “e non si può derogare se non con un’altra legge”; “le Province non possono sottrarsi ai loro doveri e corrispondere al fabbisogno delle scuole non e’ una cosa facoltativa”. Inoltre, la decisione del calendario scolastico “non è nelle disponibilità delle Province”. Le scuole – fa notare il rappresentante dei dirigenti scolastici – sono andate avanti per anni senza avere le risorse necessarie per le spese generali di funzionamento ma non hanno mai detto: “Chiudiamo i battenti”. Se l’ipotesi diventasse reale – aggiunge – le scuole “non avrebbero una reazione solo verbale: non si può pensare che si starebbe lì a battere i denti e a bruciare i libri per riscaldarsi. Ma non voglio credere a questa possibilità – conclude – Ciascuno si assuma le sue responsabilità”.

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