La notizia del via libera all’uso di marijuana nello Stato di Washington e Colorado per uso ricreativo, risultato dei referendum tenuti durante le elezioni presidenziali, non riguarda soltanto i fumatori più o meno abituali. La decisione infatti farà scattare una serie di conseguenze sul piano economico, a partire dal ricavo di oltre mezzo miliardo di dollari all’anno per le casse pubbliche dei due Stati grazie alla tassazione sull’acquisto dell’erba, esattamente come avviene per alcol e sigarette.

La vittoria del referendum, che legalizza il possesso personale (a partire dai 21 anni di età) di 28,5 grammi di sostanza, frutterà infatti allo Stato di Washington circa 500 milioni all’anno, perché il provvedimento prevede una tripla tassa del 25 per cento: la prima durante il passaggio dal coltivatore all’intermediario iniziale, la seconda allo scambio con il distributore e l’ultima quando viene venduta al consumatore. In Colorado, invece, le stime dei ricavi si aggirano intorno a 22 milioni di dollari ogni anno. Sull’entità reale di questi risparmi, tuttavia, gli esperti sono divisi. Per esempio Pino Arlacchi, ex direttore dell’ufficio dell’Onu per la lotta alle droghe e uno dei massimi conoscitori della criminalità internazionale, sostiene: “La tassazione della marijuana arricchirà le casse pubbliche di cifre irrisorie. Anche perché i maggiori introiti verranno utilizzati per curare il male fisico e psicologico che le droghe leggere comunque causano”.

Il governatore del Colorado: “Non è ancora tempo di festeggiare”
Nel Colorado il referendum pro-marijuana è passato con il 53% di sì e nello Stato di Washington con il 55% dei voti favorevoli, mentre è stato bocciato in Oregon. Non solo. Il voto alle urne ha anche dato via libera all’acquisto di erba per uso medico in Massachusetts, come avviene già in 17 Stati più il District of Columbia (il primo è stato la California nel 1996). La legalizzazione però apre un conflitto diretto con il governo federale, che classifica ancora la cannabis come sostanza illegale. E il dipartimento di Giustizia americano ha reagito ai risultati dei referendum sottolineando che, almeno per il momento, le norme federali restano confermate. “La votazione ha cambiato per sempre lo scenario legale che regola il consumo di cannabis in America” – ha commentato Allen Pierre, direttore del NORML (organizzazione non profit pro legalizzazione) – “e probabilmente anche di buona parte del resto del mondo”. Ma John Hickenlooper, governatore del Colorado, ha avvertito prontamente in un comunicato che “non è ancora tempo di festeggiare”, perché l’attuazione del provvedimento sarà “un processo complicato”, che dovrà tenere conto dei regolamenti federali.

Verso un risparmio di 13,7 miliardi all’anno se seguiranno altri Stati
Gli attivisti pro legalizzazione, nel frattempo, avvertono che i risultati dei referendum sono un passo cruciale per arrivare alla legalizzazione della marijuana in tutti gli Stati Uniti. Uno scenario che – secondo uno studio condotto da 300 esperti di economia, tra cui tre premi Nobel – farebbe risparmiare al governo americano ben 13,7 miliardi di dollari all’anno. Gli esperti sono arrivati a firmare una petizione, basata sulle ricerche dell’economista di Harvard Jeffrey Miron, per chiedere di legalizzare la cannabis in modo da risparmiare i 7,7 miliardi di dollari spesi ogni anno per far rispettare il divieto attuale. Non solo. La spesa pubblica sarebbe alleggerita di altri 6 miliardi di dollari all’anno grazie ai proventi ricavati dalla tassazione della marijuana. A incidere sulla spesa della lotta alla cannabis in modo determinante sono le oltre 750mila persone arrestate ogni anno per possesso illegale, che – secondo l’organizzazione NORML – superano di gran lunga il numero totale di arresti per crimini violenti inclusi omicidi, stupri, rapine e aggressioni. Uno studio condotto nel 2007 dal dipartimento di Giustizia ha calcolato che viene speso circa 1 miliardo di dollari all’anno per chi finisce in prigione per il vizio dello spinello.

Il Seattle Times appoggia i referendum: “E’ la decisione giusta”
Ricerche di questo tipo hanno convinto gli abitanti del Colorado e dello Stato di Washington a votare per il provvedimento con la speranza di vedere calare la spesa pubblica causata dal divieto della marijuana. Dalla loro parte c’è sicuramente anche il Seattle Times, che ha pubblicato un editoriale per sostenere l’esito dei referendum. “E’ la decisione giusta”, avverte l’articolo, “perché la regolamentazione dell’attività dei coltivatori toglierà la marijuana dalle mani delle gang criminali e farà emergere il mercato nero, in modo da poterlo tassare regolarmente”.

Confronto con l’Europa: modello diverso ma risultati simili
Non è d’accordo Pino Arlacchi (leggi l’intervista) che prevede conseguenze economiche praticamente nulle, anche perché “la maggior parte degli introiti fiscali dovuti al mercato della marijuana verranno usati per curare il male fisico e psicologico che le droghe leggere comunque fanno”. Uno scenario simile a quello europeo, nonostante l’approccio diverso al tema degli stupefacenti. Il Vecchio Continente, spiega Arlacchi, ha scelto la strada della depenalizzazione delle droghe leggere, “trattando chi usa droga come una persona da curare e non come un criminale”.

 

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