Quanto costa rimettere in sesto l’industria francese? Ridarle competitività rispetto alla Germania, l’eterno concorrente, ma anche all’Italia, che, tutto sommato, con il suo manifatturiero è riuscita a difendersi meglio a livello internazionale? Secondo Louis Gallois, l’esperto nominato nel giugno scorso dal Governo di sinistra appena insediato a Parigi Commissario generale all’investimento, occorrono almeno 30 miliardi di euro l’anno, per alleggerire i contributi sociali e di conseguenza il costo del lavoro. Ebbene, con il Fondo monetario internazionale e le agenzie di rating sul gobbone, l’Esecutivo di Jean-Marc Ayrault ha reagito già oggi, in tempi record,varando un primo pacchetto di 20 miliardi a vantaggio delle aziende. Accogliendo sostanzialmente i consigli appena ricevuti.

Cosa propone Gallois. Nel rapporto che l’ex manager pubblico francese, già alla guida del colosso aeronautico Eads e delle ferrovie statali (Sncf), ha consegnato ieri al premier Ayrault sono indicate 22 misure. Si tratta di un testo di 65 pagine, frutto del lavoro di un’équipe di esperti. Si consiglia, ad esempio, di riservare una quota degli appalti pubblici alle piccole e medie imprese (soprattutto le più innovative), di garantire a tutte le aziende una stabilità fiscale per cinque anni (senza cambiamenti repentini di aliquote e regole) e di varare precisi aiuti alle imprese che esportano (la debolezza dell’export è una delle maggiori spine nel fianco dell’economia francese). Ma è inutile girarci intorno: gran parte degli economisti, per spiegare la deindustrializzazione del Paese (perché di quello si tratta, fabbriche che chiudono da una decina di anni e delocalizzano), puntano il dito sul costo del lavoro eccessivo, appesantito dai contributi sociali. Gallois e compagnia propongono di tagliarli per un totale di 30 miliardi. E in particolare, una riduzione di 20 miliardi dovrebbe essere applicata alle imprese e una di 10 ai contributi pagati dai lavoratori. La misura, sempre secondo il rapporto, dovrebbe essere finanziata mediante un aumento dell’Iva e di altre imposte.

Le reazioni politiche. Secondo Gallois bisogna generare «uno shock di fiducia» e contare anche su «una dose di patriottismo»: insomma, i francesi devono accettare i sacrifici in nome del futuro del Paese. E’ insolito che al rapporto di un esperto nominato dalla sinistra siano la destra e il Medef (la Confindustria francese) a reagire con più entusiasmo. Secondo Laurence Parisot, alla guida del Medef, si tratta «della tappa decisiva verso un big bang economico salvifico», mentre Jean-François Copé, segretario dell’Ump, il partito di centro-destra, ha chiesto a François Hollande «di avere il coraggio di approvare tutte queste misure e subito». Diviso, invece, il Partito socialista. Favorevole, ad esempio, Arnaud Montebourg, ministro del Risanamento produttivo (ritiene che « tutti i francesi devono prendere parte alla rinascita della loro industria» : come dire, pagare più tasse), mentre la senatrice Marie-Noelle Lienemann, dell’ala sinistra del partito, si è detta contraria «all’idea che la competitività dell’economia francese sia legata al costo del lavoro: basta riorganizzare il finanziamento della previdenza sociale».

Le decisione del governo. Ebbene, stamani il Governo ha reagito: immediatamente. Ha accolto gran parte delle misure proposte da Gallois. E, sebbene con un “look” diverso, pure il “regalino” previsto per le imprese. Non ci sarà direttamente una riduzione di 20 miliardi di euro dei contributi a carico degli imprenditori, ma lo stesso equivalente annuo di crediti d’imposta: insomma, un taglio alle tasse per le aziende. Che sarà operativo dal 2014. E che verrà finanziato per 10 miliardi di euro da tagli alla spesa pubblica e da nuove imposte (ad esempio, di tipo ambientale). Mentre gli altri dieci miliardi arriveranno da un aumento dell’Iva, nonostante Hollande avesse promesso di non mettere mano a quell’imposta che colpisce tutta la popolazione, poveri e ricchi.Il tasso generale passerà dal 19,6 al 20%, quello intermedio dal 7 al 10. Ma quello sui beni di prima necessità scenderà dal 5,5 al 5 per dento. Le polemiche, comunque, all’interno della sinistra non mancheranno.

Radiografia della crisi. Il rapporto Gallois fornisce anche qualche dato interessante (e preoccupante) sul made in France. Il contributo dell’industria al Pil è sceso dal 18% nel 2000 al 12,5% l’anno scorso. Nel frattempo la bilancia commerciale (senza considerare l’energia) è passata da un attivo di 25 miliardi a un deficit di 25 miliardi. Le imprese esportatrici sono scese da quota 107.500 nel 2002 a 95mila nel 2011, ormai la metà che in Germania e pure che in Italia. Intanto, nel 2010 (sono gli ultimi dati comparati disponibili) la paga media oraria in Francia ammontava a 34,17 euro. Più che in Italia (25,2) e che in Spagna (21,7). Ma ormai anche oltre il livello della ricca e competitiva Germania (33,1).

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