Siope è il nome del sistema telematico del Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, gestito dalla Banca d’Italia nel quale confluiscono quotidianamente tutti i dati relativi agli incassi ed ai pagamenti effettuati dai tesorieri di tutte le amministrazioni pubbliche italiane.

Le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, le Unioni di Comuni, i Consorzi di enti locali, gli Enti di ricerca, gli enti di previdenza pubblici, le strutture sanitarie [aziende sanitarie, aziende ospedaliere, Policlinici universitari, Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico pubblici e gli Istituti zooprofilattici sperimentali], gli enti gestori di parchi e aree marine protette e le Camere di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura, sono tutti egualmente tenuti a comunicare su base quotidiana al Siope i dati concernenti tutti gli incassi e i pagamenti effettuati, codificati con criteri uniformi su tutto il territorio nazionale.

Le amministrazioni non in regola con tali adempimenti non possono effettuare prelevamenti dai conti aperti presso la tesoreria dello Stato.

Siope è, pertanto, uno strumento fondamentale per il monitoraggio ed il controllo, in tempo reale, dei conti pubblici.

Uno strumento, sulla carta tanto efficace, da far apparire incomprensibile perché si debba continuare ad assistere impotenti a sperperi e ruberie di denaro pubblico da parte di enti ed amministrazioni di ogni ordine e grado e, ad un tempo, da escludere che l’Amministrazione centrale ed il Governo possano esser sottratti alla grave responsabilità di quanto continua ad accadere sotto i loro occhi mentre sono evidentemente distratti da altro o, peggio ancora, fingono di non vedere.

Disporre di un così efficace strumento di controllo e non riuscire ad evitare sprechi e malaffare costituisce inoppugnabile elemento di grave responsabilità almeno politica figlia di incapacità o, ancor peggio, malafede.

E’ per questo che ha dell’incredibile la storia che rimbalza dal Comune de L’Aquila dove un Consigliere Comunale – Ettore Di Cesare del Gruppo consiliare Appello per L’Aquila – si è visto respingere la propria domanda di accesso al Siope, motivata dalla volontà di controllare, come previsto dalla legge e come dovrebbe fare ogni buon Consigliere Comunale, i conti pubblici della propria amministrazione, anche attraverso il confronto con la situazione contabile di altri enti.

Alla richiesta del Consigliere Comunale, veicolata attraverso il Segretario Generale del Comune de L’Aquila, la Banca d’Italia ha risposto con una lettera, dal contenuto piuttosto ambiguo, nella quale si rammenta che ogni amministrazione ha diritto a due soli accessi al Siope [n.d.r. non è chiaro se il Comune de L’Aquila ne disponga già o meno] e che eventuali altri accessi possono essere richiesti – pare di capire per il solo personale dell’amministrazione e non anche per i consiglieri Comunali – scrivendo, via posta ordinaria, alla Ragioneria Generale dello Stato.

Siamo al paradosso.

Esiste uno strumento finanziato con risorse pubbliche, del quale è titolare il Governo e gestito dalla Banca d’Italia che consentirebbe di tenere sotto controllo i conti pubblici e lo Stato anziché promuoverne – o, addirittura renderne obbligatorio – l’utilizzo da parte di tutti gli amministratori locali, ostacola quanti vogliano utilizzarlo.

La lettura del “Regolamento riguardante le modalità di accesso al Sistema Informativo delle Operazioni degli Enti Pubblici (Siope)” sembra l’apologia del segreto piuttosto che l’elogio della trasparenza come ci sarebbe da attendersi.

Mentre nel mondo spopola la teoria dell’open data e della trasparenza assoluta delle informazioni pubbliche, tra l’altro, come efficace strumento di controllo diffuso sull’operato delle pubbliche amministrazioni, da noi, in Italia, nel 2012, capita ancora di leggere in un Decreto del Ministero dell’economia [n.d.r. firmato dal Prof. Monti e controfirmato dalla Prof.ssa Severino] che “Non è consentito l’utilizzo dei dati Siope [n.d.r. quelli relativi all’utilizzo dei soldi pubblici da parte delle nostre amministrazioni] per finalità diverse da quelle previste nel presente regolamento e per costituire nuove ed autonome banche dati pubbliche].

Altro che Governo della trasparenza.

E pensare che lo stesso Prof. Monti, ha appena firmato un Decreto Legge – il c.d. Crescitalia 2.0 – nell’ambito del quale sono state dettate [n.d.r. o, almeno, così si è raccontato] una serie di disposizioni per promuovere l’accesso ed il riuso – addirittura per finalità commerciali – da parte dei cittadini dei dati delle pubbliche amministrazioni.

E’ l’elogio dell’ipocrisia della trasparenza: si professa e si promuove quella dei dati altrui ma ci si guarda bene dal realizzare la propria.

La prossima volta che capiterà di leggere di sperperi e ruberie in questa o quell’amministrazione periferica, varrà la pena di prendersela anche con chi potrebbe controllare meglio o, almeno, consentire ad altri di controllare meglio ma, per quieto vivere o convenienza personale, preferisce voltarsi dall’altra parte.

Siope andrebbe aperto subito: non solo ai Consiglieri comunali che ne facciano richiesta ma a tutti i cittadini italiani che andrebbero invitati a riutilizzare i dati contenuti nel sistema in tutte le salse e senza alcun limite nella speranza di veder, finalmente, saltare fuori piccole e grandi ruberie e di poter poi sbatter fuori dall’amministrazione i tanti ladri e furbetti che, purtroppo, ancora la popolano.

Articolo Precedente

Fiat, De Benedetti contro Marchionne: “Licenziamenti inaccettabili e assurdi”

next
Articolo Successivo

Istat, previsioni 2012 e 2013: “Ancora recessione e disoccupazione in aumento”

next