La notte di Halloween ha giocato  un brutto scherzo a David Cameron. La Camera dei Comuni gli ha votato contro sul budget dell’Unione Europea. In altre parole il governo è andato in minoranza grazie al voto congiunto dell’opposizione e di una cinquantina di ribelli del suo partito. E’ la prima volta che succede da inizio legislatura, e un episodio non frequente nella storia parlamentare britannica. Anche se si trattava solo di una mozione che non obbliga l’esecutivo a seguire le indicazioni dei deputati, il segnale è chiaro: Cameron è debole e non controlla i suoi. Soprattutto quando si tratta di Europa, da cui la Gran Bretagna appare progressivamente sempre più lontana.

Lo strappo si è consumato al termine di una fase politica molto nervosa. Cameron si era opposto alla richiesta di aumentare i soldi a disposizione di Bruxelles del 5%, nel quadro del budget europeo ora in discussione per il periodo 2014-2020, ma aveva concesso un incremento in base all’inflazione, quindi del 2%. Molti, in un partito tradizionalmente euro-scettico come il suo, vedono quello di Cameron come un cedimento. I laburisti prendono la palla al balzo: presentano alla Camera dei Comuni un emendamento che chiede di tagliare il budget dell’Unione “in termini reali”. La Gran Bretagna fa sacrifici, la spesa pubblica si contrae. Perché Bruxelles non dovrebbe seguire lo stesso percorso? Arriva il sostegno di 53 deputati Tories, e il gioco e fatto. Contro il parere del governo, un’esigua, strana, maggioranza parlamentare (307 contro 294) ha mandato al primo ministro un secco avvertimento.

In poche ora scoppia la rissa, si moltiplicano analisi e interpretazioni. Un deputato laburista pro-europa twitta sarcastico: “sembra di vedere i conservatori usciti da un negozio di caramelle, con il loro sorriso stampato in faccia”. L’euro-scettico per eccellenza Nigel Farage annuncia: “Al vertice di Bruxelles (a fine novembre, quando di discuterà del budget ndr) sarò lì a controllare Cameron”. Gongola il blogger conservatore Guido Fawkes: dopo Grexit (l’uscita della Grecia dall’Unione) dobbiamo prepararci al ‘Brexit’?

Qualcuno ipotizza invece, maliziosamente, che Cameron volesse andare al tavolo delle trattative con gli altri Stati dell’Unione con questo voto in mano, in modo da dire: guardate a casa mia quanto siete visti male, più di questo piccolo aumento di spesa la Gran Bretagna non può concedere. Il più duro di tutti è però il vice-primo ministro Nick Clegg, lib dem e da sempre convinto europeista. Attacca gli alleati conservatori a testa bassa e definisce “falsa” la promessa di Cameron di riprendersi alcuni poteri da Bruxelles.

E questo infatti è il problema del premier. Da un lato duro a parole con l’Unione, in realtà pragmatico sui negoziati che si terranno a fine mese e sui quali il Parlamento di Londra dovrà votare di nuovo e con una più alta posta in gioco. Difficile pensare che si voglia andare alle crisi, a quel punto. Il paradosso è che Cameron, accusato tante volte di essere l’erede della tradizione euro-scettica della Thatcher e John Major, finisce per essere, proprio lui, il meno euro-scettico in circolazione.

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