Ero qui quando c’è stato Irene. Forse perché era notte e dormivo (un po’) forse perché è stato più veloce. O forse no. Forse perché era meno intenso. Ma questa volta ho più paura e nessuna vergogna ad ammetterlo.

Red Hook a Brooklyn

Mentre scrivo sono le 3 del pomeriggio a New York e Sandy si sta solo annunciando ma già Battery Park è allagata cosi come molte aree di Brooklyn. E Atlantic City. E una gru è appena caduta a mid town.

Sono scesa con Dorothy, sotto casa, per permetterle di fare pipì e il vento ha fatto cadere un po’ di cose da qualche palazzo.
Mi ha ricordato, ma solo perché quella è stata la mia esperienza più drammatica, il terremoto del 1980 in Irpinia: subito prima della scossa si sentì un vento cattivo montare, come un annuncio macabro.

La mia amica Christina mi conferma che nel Village, dove vive, hanno sospeso l’erogazione dell’elettricità per precauzione e il mio amico Imir, questa mattina, ha impacchettato le sue cose, a Long Island, messo insieme la sua famiglia ed è andato via. Durante l’uragano Irene era rimasto a casa.

Sandy non è ancora qui. Ma anche chi ha vissuto altre tempeste dice che il tempo è  “nasty”, cattivo.

 

Dorothy è inquieta. Non mi abbandona un attimo e mi segue ovunque.

Il presidente Obama ha inviato una mail per dire di “stare attenti”. Noi staremo attenti.

Articolo Precedente

Ingroia, un convegno sulla mafia nell’ultimo giorno da pm di Palermo

next
Articolo Successivo

Usura, dossier Libera: “Tassi fino al 1500%. Ai clan sequestrati 150 milioni”

next