Va male, anzi malissimo. La Perla, storico marchio bolognese di intimo, è a un passo dall’abisso. I sindacati parlano di 300 esuberi, l’azienda di procedure di mobilità “ma solo in via cautelativa”. Se entro gennaio non si troverà una soluzione, una lavoratrice su due sarà licenziata per “ridurre i costi operativi e recuperare efficienza in tutti i siti produttivi”. Un licenziamento di massa per una crisi che viene da lontano: su 600 operaie ad alta specializzazione già 230 sono da tempo in cassa integrazione straordinaria aspettando il tanto atteso rilancio del marchio. All’inizio del 2013 scadranno gli ammortizzatori sociali, ma l’azienda sembra già avere le idee chiare. La riorganizzazione non passerà dall’estero o da Milano, come si vociferava tempo fa, ma semplicemente dal taglio del personale per “liberare risorse” e puntare sull’apertura di 160 nuovi negozi in tutto il mondo.

Per questo sono scese piazza in oltre trecento, per protestare contro i licenziamenti annunciati e per chiedere a gran voce il rilancio delle linee di intimo di lusso tanto apprezzate nel mondo. Al collo i cartelli: “Sarò io l’esubero?”, “Ci avete lasciato senza mutande”, “Ci volete affondare”. Il dito è puntato contro la dirigenza, che secondo le operaie “non crede nel progetto di rilancio, non crede nella nostra professionalità, non è in grado di organizzare il lavoro”.

Addirittura, racconta una lavoratrice di fronte alle sue colleghe, “ci portiamo le lampo da casa per fare i corpetti. Ci mettiamo il cuore e l’anima in questo lavoro, chiediamo altrettanta serietà dalla controparte”. “Vogliamo che l’azienda ritiri le già annunciate 309 lettere di mobilità e concordi con le istituzioni la cassa integrazione straordinaria, ma chiediamo anche un piano industriale serio e condiviso e il taglio non del personale ma di una certa disorganizzazione del lavoro che non dipende certo da noi”, spiega Giacomo Stagni della Filctem-Cgil. “Se abbiamo fiducia nella dirigenza? Guardi non voglio proprio esprimermi”, dice Rossana Occhiali della Uil, per poi ricordare come negli anni 90 l’azienda contasse 1600 operaie, ora solo 600. “In passato sono stati lanciati molti prodotti sbagliati, e fatti errori di commercializzazione”, racconta Raffaella Carra della Cisl. “Se ci troviamo qui è perché dal 2007 ad oggi gli sbagli di chi ha comprato l’azienda, il fondo statunitense JH Partners, sono stati moltissimi”.

L’azienda dal canto suo conferma i nuovi investimenti promessi già mesi fa, ma anche la messa in mobilità “cautelativa” per centinaia di lavoratrici. “Nell’ambito degli interventi di riorganizzazione del personale previsti nel piano industriale – recita un comunicato dell’ufficio stampa – La Perla ha aperto una procedura di mobilità per 309 persone a Bologna ed ha comunque dichiarato la sua disponibilità a collaborare con i sindacati per trovare forme adatte a minimizzare l’impatto sociale associato”. Nella sostanza se sarà possibile allungare gli ammortizzatori sociali bene, altrimenti tutte a casa. Sperando che almeno il piano di rilancio funzioni e tuteli il posto di lavoro di chi avrà la fortuna di rimanere in azienda. Entro dicembre saranno aperti 24 nuovi negozi e altri 26 inaugurazioni sono in programma nel 2013. In tutto si parla di 160 nuovi punti vendita a livello internazionale entro i prossimi 36 mesi, sperando in una ripresa del mercato del lusso.

Dopo il corteo le lavoratrici e i lavoratori in sciopero si sono riuniti per un’assemblea sindacale al Cinema Galliera. Tutti i trecento posti a sedere sono stati occupati, con le operaie costrette a rimanere anche fuori dalla sala. Ad ascoltare le lavoratrici le istituzioni locali, con rappresentanti di Comune e Provincia e di diverse forze politiche, dal Pd (con il segretario bolognese Raffaele Donini) al consigliere regionale di Rifondazione Roberto Sconciaforni. Tutti hanno promesso solidarietà e appoggio. Adesso toccherà al Ministero per le attività produttive e alla Regione risollevare la situazione e concedere altro tempo all’azienda per tantare di salvare i posti di lavoro.

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