Non se ne può più. Ancora una volta, nel giorno del tragico anniversario, Vincenzo Paparelli è stato offeso, 33 anni dopo orrore e morte allo Stadio Olimpico, nel modo più vile e infamante. Bomboletta spray nell’oscurità, scritta mordi e fuggi con grafica puerile, tentennante, che ha lasciato il segno tra polemiche, ribalta mediatica e visibilità, alla vigilia di Lazio-Roma, stracittadina dell’11 Novembre (omicidio Sandri, altra funesta ricorrenza).

Ora però basta. Una volta per tutte, si trovi il coraggio per stanare questi vigliacchi, loschi ladri di identità. Mettiamoli davanti alle loro responsabilità: principalmente morali e sociali. Perché se a chiudere il cerchio non è servito lo sforzo di pacificazione condivisa e il lodevole percorso di lunga memoria intrapreso dalle tifoserie organizzate degli ultras più ragionevoli (‘Oltre i colori, rispetto per Paparelli’, striscione riparatore della Curva Sud romanista, ‘Onore a De Falchi e Di Bartolomei’, nella Nord laziale) e se c’è ancora spazio per la ribalta di certi intollerabili scempi, degni del più infimo dei frustrati necrofili, allora significa che c’è qualcosa di più alto e di più nobile che va ancora fatto, se si vuol definitivamente saldare il debito con gli errori del cosiddetto calcio di piombo.

I morti lasciamoli in pace, non possono rispondere. Guardiamoci negli occhi, tra vivi: basta sciacallaggio. Basta insulti beceri e strumentalizzazioni. Ma basta pure col nichilismo di quanti, per troppi anni, hanno fatto finta di niente e continuano a girarsi dall’altra parte del problema, fregandosene. C’è bisogno di una presa di posizione generale, collettiva, di un sussulto civile, indignato e costruttivo, senza artifizi accomodanti, né tentennamenti di fazione. Qui il calcio giocato non c’entra. Va rescissa culturalmente l’ignoranza strisciante di quanti, come è già successo la scorsa settimana col povero Piermario Morosini, approfittano di lutti e drammi umani per colpire crudelmente gli avversari. E’ insopportabile.  

Poniamoci delle domande: è giusto far cassa di risonanza al gesto di isolato di chi trova esaltazione ed autorappresentazione nella deturpazione del riposo eterno di un defunto, insudiciando area di rispetto e mura di cinta del Cimitero Monumentale del Verano? E’ giusta l’indifferenza delle società di Lazio e Roma, inermi alla provocazione di un ‘eroe da patacca’ che, certamente, non conosce strazio e tragedie familiari dei cuori tifosi? E’ giusto per la città di Roma, per il calcio italiano, per i tifosi biancocelesti e i sostenitori giallorossi? E’ giusto, si o no, quest’assalto continuo alla diligenza della dignità umana, preda del primo protagonista di turno che, con un semplice coro o una scritta sul muro, si appropria indebitamente, deformandolo, di un passato prossimo che non gli appartiene? Solleviamo il problema. Ieri slogan su Morosini, oggi scritta su Paparelli. Domani a chi tocca? Interroghiamoci: le risposte arriveranno.  

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