In un momento in cui l’Italia è nelle mani del bocconiano Mario Monti, c’è attesa per l’incoronazione, oggi 26 ottobre, da parte dell’università milanese specializzata in economia, del cosiddetto ”Alumnus dell’anno”. A dirla tutta, di attesa ce n’è poca, perché si sa già che il premio andrà a Giovanni Ciserani, manager della multinazionale Procter & Gamble. Il nome del gruppo lì per lì può dire poco, ma, per intenderci, è quello che produce il detersivo che nei favolosi anni ’80 nessuna donna voleva cambiare perché “più bianco non si può”.

In realtà, nemmeno il nome di Ciserani, per quanto il curriculum sia eccellente, è poi così famoso. In effetti, il premio della Bocconi, in alcuni casi, va inteso un po’ come un trampolino di lancio: la vita lavorativa di chi lo porta a casa, di lì a poco, riesce a compiere un ulteriore salto di qualità. È stato così, ad esempio, per Enrico Tomaso Cucchiani, scelto come alunno dell’anno nel 2007 e alla fine del 2011 salito ai vertici della banca Intesa Sanpaolo, al posto dell’attuale ministro dello Sviluppo Corrado Passera (anche lui premiato “bocconiano dell’anno 2000”).

Proprio per questo significato, di incoraggiamento misto a buon augurio, sarebbe bello che il prossimo premio andasse a una donna, in un momento in cui la categoria sta combattendo più di una battaglia per far sentire la propria voce nel mondo economico-finanziario. Si sta battendo la commissaria europea Viviane Reding, nel tentativo di far passare le quote rosa nei consigli di amministrazione delle società, cosa in cui – almeno sulla carta – l’Italia è all’avanguardia.

Nel decidere la bocconiana doc, l’università avrebbe soltanto l’imbarazzo della scelta. A puro titolo di esempio, ci sono Anna Gervasoni, direttore generale dell’Aifi, l’associazione italiana dei fondi di private equity, e Mara Caverni, ex partner Pricewaterhouse e fondatrice della società di consulenza New Deal Advisors. Due donne che certamente non sono meno famose né meno in carriera di Ciserani. L’eventuale “bocconiana dell’anno” andrebbe ad aggiungersi alle poche elette che, in quasi 25 anni di storia, hanno ricevuto l’ambito premio: Emma Bonino, Emma Marcegaglia (che abbia qualche chance in più chi si chiama come la protagonista del romanzo di Jane Austen?) e Isabella Ventura. Tutte nominate “bocconiane dell’anno” nella seconda metà degli anni ’90. Chissà, forse un periodo più fortunato per il connubio donne-economia.

PS: Getto la maschera: sono laureata in Bocconi e piacerebbe a me vincere il premio. Naturalmente scherzo (non mi risulta i giornalisti possano concorrere). E comunque sì, visto che nell’ultimo anno me lo avranno ricordato almeno in venti, sono bocconiana come Sara Tommasi. Ma posto che, per quel che possiamo saperne, può benissimo esserci anche un bocconiano uomo pornodivo, che ama andare in giro con le braghe calate e che ha bisogno di cure, forse sarebbe il caso di cominciare a spendersi in paragoni nuovi e “in positivo”.

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