“La Francia è una terra d’accoglienza. Amo questo Paese che un giorno mi ha reso uno dei suoi”. A pronunciare queste parole, nei giorni scorsi, è stato Manuel Valls, ministro degli Interni d’Oltralpe, 50 anni, figlio di un pittore catalano andato a vivere a Parigi per sfuggire al franchismo. Manuel fu naturalizzato francese solo nel 1982, un anno dopo l’ascesa al potere del presidente socialista François Mitterrand. Ebbene, è stato proprio lui, Valls, invece per altri versi accusato di ‘sarkozysmo’ all’interno della sinistra del suo Paese, ad annunciare nuovi e meno rigidi criteri per ottenere la nazionalità francese. L’obiettivo è rendere più facile l’integrazione degli immigrati. Nel frattempo, però, il Governo francese sembra fare marcia indietro su un’altra delle (previste) conquiste per gli immigrati: il diritto di voto agli stranieri non Ue alle elezioni comunali.

Ma iniziamo dalla nazionalità. Da questo punto di vista, finisce un’era, quella di Nicolas Sarkozy. Che a dire il vero, all’inizio del suo mandato, a partire dal 2007, aveva mantenuto inalterato il numero di stranieri naturalizzati. E’ nel 2010, però, che l’allora presidente aveva operato una svolta, allineandosi sulle posizioni dell’estrema destra, in vista delle presidenziali del 2012. E rendendo molto più difficile ottenere la cittadinanza, in particolare con una serie di novità introdotte da Claude Guéant, ministro degli Interni dal febbraio 2011 al maggio 2012. E uno dei consiglieri più nazionalisti e intolleranti di Sarkozy. Le cifre parlano da sole: fra il 2008 e il 2010 il numero di immigrati che ha ottenuto la cittadinanza ha oscillato fra i 108mila e i 116mila, mentre l’anno scorso è scivolato a 87mila. I ricongiungimenti familiari hanno continuato allo stesso ritmo. Sono, invece, le naturalizzazioni vere e proprie ad aver registrato un calo del 30% fra il 2010 e il 2011 e del 45% fra il 2011 a il 2012, per l’irrigidimento delle condizioni voluto da Guéant.

Valls, con due circolari ministeriali appena inviate alle prefetture, è ritornato su gran parte del pacchetto dell’ex ministro. Presentando le novità, Valls ha dichiarato: “Rifiuto che solo chi ha un contratto di lavoro a durata indeterminata possa diventare francese”. Era un obbligo imposto da Guéant. Ora, invece, con le nuove norme la possibilità sarà offerta anche ai lavoratori interinali e precari, con contratti a termine, numerosi fra gli immigrati in questi tempi di crisi. Altri cambiamenti: non viene chiesto un periodo di dieci anni di soggiorno legale, per avanzare la domanda, ma di appena cinque. Poi tutti i giovani con meno di 25 anni, che ne abbiano vissuti almeno dieci in Francia e che siano andati a scuola almeno per cinque anni sul territorio francese, beneficeranno di “una presunzione di assimilazione“. Come dire: la loro pratica sarà accettata quasi in modo automatico, salvo particolari problemi con la giustizia. La nuova regola impedirà di riportare alle frontiere per scadenza di un permesso di soggiorno ragazzi e giovani ormai integrati in Francia e che del loro Paese di origine hanno solo un lontano ricordo. Con il “metodo Guéant” vi erano anche stati diversi problemi riguardo ai neolaureati stranieri (non provenienti dall’Unione europea), che, in mancanza di un lavoro, subito dopo aver ottenuto il titolo di studio, venivano sbattuti fuori dalla Francia (anche quelli provenienti dai centri di eccellenza). Le circolari Valls chiedono ai prefetti di “esaminare attentamente il potenziale elevato che possono presentare queste persone per il nostro Paese”, prima di prendere una decisione negativa sul concedere o meno la nazionalità.

Mentre arrivano queste novità, indicazioni in senso inverso giungono invece su un altro dossier, ma che riguarda ancora il mondo degli immigrati: offrire pure a quelli non Ue (gli europei già beneficiano di questo diritto) la possibilità di votare alle elezioni locali. Era stata una solenne promessa di François Hollande durante la campagna delle presidenziali: un passo in avanti da realizzare prima delle municipali del 2014. Ebbene, il presidente avrebbe cambiato idea e rinviato una battaglia su quel fronte a più tardi. Se un anno fa i sondaggi indicavano che almeno i due terzi dei francesi erano favorevoli a questa novità, negli ultimi i sì si sono limitati ad appena un terzo degli intervistati. Il presidente, che sta crollando nelle inchieste di opinione, non può rischiare proprio ora una sonora sconfitta. E per far passare la norma in Parlamento il governo ha bisogno dell’appoggio di almeno i tre quinti dell’Assemblea nazionale. Che i socialisti, ora al potere, da soli non hanno.

A proposito di sondaggi, l’ultimo realizzato dall’istituto Ifop, ha indicato come personalità politica più apprezzata dai francesi proprio Manuel Valls, con il 75% dei consensi. E dire che è sempre stato accusato all’interno del Partito socialista di essere “di destra” e “sarkozysta” (nel 2007 l’ex Presidente gli aveva addirittura proposto, invano, di diventare ministro, abbandonando il Partito socialista). Alle primarie del Ps, nell’ottobre dell’anno scorso, aveva rappresentato il Renzi della situazione, ottenendo comunque solo il 6% dei voti e schierandosi subito dopo dalla parte di Hollande. A lungo sindaco di Evry, periferia difficile di Parigi, dove ha applicato regole severe per la sicurezza, la sua nomina come ministro degli Interni era stata subito apprezzata dai vertici delle forze dell’ordine. Adesso, a sorpresa, grazie anche a una politica che corre costantemente sul filo tra la salvaguardia della sicurezza nazionale (che i francesi apprezzano cosi’ tanto) e aperture «di sinistra» (come le ultime novità sulla politica di immigrazione), Valls è riuscito a strappare il consenso dei francesi. Apparentemente trasversale. Di sinistra. Ma anche a destra.

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