Ironia e impegno. Segni e senso di un marchio di fabbrica che compie 10 anni. Gender Bender, il festival delle arti visive e performative che si svolge a Bologna e che per davvero molte città d’Italia invidiano, entra nel pieno dell’adolescenza con un manifesto “scheletrico”: bacheca con un piede in mostra, tutto ossa, calcagno, tarso, metatarso e “tacco”, che accoppia lungimiranza pop e specificità analitica.

Evoluzione” è la parola d’ordine, il richiamo, il fil rouge che serve per imbastire il discorso, da cui partono mille deviazioni e si amplia il corollario artistico: “Un termine che invoca il cambiamento”, spiega Daniele Del Pozzo, direttore artistico, “Madre Natura che ci mostra che bisogna essere aperti alle varietà, per quanto bizzarre possano apparire, e che occorre essere pronti a diventare l’anello di congiunzione per le nuove forme con cui si manifesterà il domani”.

Al via la otto giorni che comprende film, spettacoli teatrali, danza e fotografia per un totale di 10 anteprime nazionali, 3 prime nazionali, un’ anteprima mondiale ed una europea, 18 lungometraggi, 15 spettacoli, 4 mostre, 7 incontri e 20 performance. Numeri che parlano chiaro e che vedono sempre più sponsor accodarsi per sorreggere una manifestazione oramai storica della città di Bologna, impossibile da sostenere da municipalità, Provincia e Regione insieme, oramai agli sgoccioli nel supportare la cultura: “Abbiamo fatto richiesta al Ministero della Cultura, ma essendo il Gender una creatura un po’ difficile, non sappiamo bene come categorizzarlo per i finanziamenti, abbiamo pensato di presentare questa forma oramai ibrida per i fondi Ue”.

Ecco allora una panoramica sintetica su alcuni nomi imperdibili per un’edizione 2012 che punta a superare le 17 mila presenze dell’anno scorso: Yasmeen Godder, giovane coreografa israeliana che da anni indaga gli stereotipi del maschile e del femminile, con lo spettacolo Storm End Come; ancora danza con l’artista bulgaro Ivo Dimchev con I-ON; Les invisibles, il documentario di Sebastien Lifshitz, direttamente dall’ultima Cannes, in cui si racconta di uomini e donne over 70 con i loro amori e la loro sessualità con le profonde trasformazioni che hanno cambiato la Francia e l’Occidente dal dopoguerra ad oggi; Meet the Fokkens, di Rob Schroder e Gabrielle Provaas, sulle due prostitute del quartiere a luci rosse di Amsterdam che si sono liberate dei loro protettori e hanno fondato un sindacato informale per la categoria; Emma Dante e l’Operetta burlesca Studio n. 1; la riflessione in cinema sui luoghi comuni legati all’omofobia con Abbiamo un problema, il film del collettivo Canecapovolto.

“Per il Cassero il Gender Bender è un’azione politica”, ha sottolineato Vincenzo Branà, il presidente della storica sede Arcigay di Bologna, “Quando l’estate scorsa facemmo un glitter bombing a Rosy Bindi, tutte le persone che le erano attorno ci gridarono ‘andate nei vostri posti’. Invece il festival vuole proprio penetrare in un tessuto urbano che questa differenza di genere non ce l’ha nel Dna. Ricordandoci una volta di più che viviamo comunque in una società e una cultura artistica che da questo punto di vista è molto più avanti della politica”.

L’interazione con la città è diventata nel tempo un modello virtuoso tanto che quest’anno gli spazi che ospitano il Gender Bender sono decine: da Il Cassero all’Arena del Sole, passando dai Teatri di Vita e alle Librerie Coop, fino al Cinema Lumiere, il Piccolo Teatro del Baraccano e la Galleria Civica di Modena che ospita la mostra Changing Difference.

“C’è grande eterogeneità tra i soggetti che ci supportano e il pubblico che ci segue – chiosa Del Pozzo – Ad esempio nel 2011 le Gender Bender Card per entrare agli spettacoli erano il 40% del totale. Il restante 60% erano tessere di Soci Coop”.

Per ogni informazione www.genderbender.it

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