Non aggiungo la mia voce alle tante che si sono sollevate per commentare il ddl anti corruzione.

Sì, è vero: l’abbassamento della prescrizione per il reato di concussione per induzione (ovvero la forma contestata nel 90% dei processi) è un segnale che desta qualche preoccupazione.

Sì, è vero: se non si ripristina il falso in bilancio, la lotta contro le mazzette nasce azzoppata.

Sì, è vero: il reato di traffico di influenze illecite è uno strumento molto potente, e io dico che rischia di esserlo persino troppo e noi pm dovremo sapere manovrarlo con prudenza e attenzione se non vogliamo che diventi un boomerang.

Sì, è vero: manca la previsione dell’autoriciclaggio e tuttavia si è previsto il reato di corruzione tra privati.

Soprattutto è mancata la volontà politica di introdurre alcune riforme di sistema e procedurali per rendere più efficaci e rapidi i processi, così da rendere la minaccia dei nuovi reati effettiva e non solo un puntino lontano nell’orizzonte.

Penso alla prescrizione che decorre ancora fino alla Cassazione, penso a una disciplina della contumacia che troppo spesso diventa uno strumento per rallentare il procedimento e complicare le notifiche, penso ai molti bizantinismi della procedura che rendono complicato arrivare in porto entro tempi ragionevoli.

Luci, ombre e qualche grosso buco che attende di essere riempito quindi. Vorrei però dire che la vera riforma necessaria può essere e dovrebbe essere un’altra. Invece di discutere animatamente su quale nuova legge approvare, perché non cominciamo ad applicare e rispettare le leggi che ci sono?

Abbiamo bisogno di legalità e di credibilità, non di legalismo e ipocrisia. Allora cominciamo a chiedere a noi stessi e soprattutto a chi ha responsabilità pubbliche coerenza e dignità. 

Cominciamo dalle famiglie e dalle scuole a dire che il rispetto delle regole e l’onestà sono una condizione essenziale per essere un paese libero e democratico.

Cominciamo tutti a fare la nostra parte, con comportamenti trasparenti e magari collaborando pienamente con le istituzioni, le forze dell’ordine e l’autorità giudiziaria.

Cominciamo a non essere indulgenti con chi fa il furbetto o con chi dice “così fan tutti”. Non inseguiamo la chimera di una legge che risolva la nostra decadenza etica e culturale. Il vero rivoluzionario, in Italia, è colui che crede nella legalità e non sgomita per i propri interessi e vantaggi privati. Come diceva Flaiano: “Mi accorgo che si può essere sovversivi soltanto chiedendo che le leggi dello Stato vengano rispettate da chi ci governa”.

Proviamoci almeno.

Ne vale la pena.

 

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