Per le donne egiziane le battaglie sembrano non finire mai in questo dopo rivoluzione che rischia di essere sempre più deludente per il miglioramento della condizione femminile. Così anche la nuova Costituzione, presentata alla stampa la scorsa settimana, sembra essere l’ennesimo ostacolo per il raggiungimento della parità di genere.

Tra gli articoli che creano più preoccupazione c’è il numero 68 (prima articolo 36) che, regolando i diritti delle donne, garantisce la parità dei sessi ponendo come limite la violazione delle “regole della sharia”.

La citazione alle “regole” della legge islamica sembra un’eccezione pericolosa nel documento che invece nell’articolo 2 (riprendendo la precedente costituzione del 1971) continua a precisare che la Costituzione, al contrario, si basa sui suoi principi. “La differenza tra ‘principi’ e ‘regole’ – spiega Gianluca Parolin, professore di diritto islamico all’American university of Cairo – è che nel primo caso la legge egiziana può ispirarsi alla sharia senza vincoli precisi mentre nel secondo caso è quest’ultima che modella l’insieme di leggi del Paese”. La stretta applicazione del diritto musulmano nell’articolo che regola la parità di genere, oltre che a sembrare contraddittoria, ha suscitato la preoccupazione delle associazioni femministe.

“L’articolo 68 è inaccettabile – spiega Nihal Saaz Zaghoul, attivista per i diritti delle donne – perché, oltre a essere nebuloso, mette le donne in una posizione di rischio visto che questo riferimento potrebbe avere diversi sviluppi e interpretazioni”.

A completare il quadro c’è poi l’articolo 4 che riconosce Al-Azhar come unica fonte autorevole in merito alla giurisprudenza islamica. Questa norma potrebbe conferire alla massima autorità sunnita, i cui membri però non solo eletti democraticamente, un potere simile a quello della Corte Suprema americana. “Al Azhar è un’istituzione non democratica e soggetta a varie correnti – afferma Nihal – nel caso un giorno questa istituzione cadesse nelle mani di una corrente vicina ai salafiti, per esempio, per noi sarebbe la fine”.

La questione relativa alla condizione femminile nella nuova costituzione è stata sollevata anche da diverse associazioni internazionali come Human rights watch.

“Le lotte delle associazioni per i diritti delle donne – afferma Heba Morayef,, rappresentante dello Hrw al quotidiano egiziano Al Ahram – probabilmente non permetteranno la riscrittura dell’articolo da capo ma devono ottenere la rimozione al riferimento alle regole dirette della legge islamica”.

La nuova bozza costituzionale è uno dei campi di scontro politico più aspri in questo momento nel paese. Nonostante la presentazione in pompa magna del documento e la campagna di comunicazione, il testo continua a scatenare forti reazioni di dissenso tra i liberali. Alcuni di loro si sono ritirati per protesta dall’assemblea costituente, che vede una schiacciante maggioranza islamica in particolare dei Fratelli musulmani, mentre piazza Tahrir negli ultimi due venerdì si è nuovamente riempita con le forze liberali scese in piazza contro la predominanza politica degli Ikwhan (il nome arabo dei Fratelli musulmani).

Inoltre, la tempistica del documento, che verrà approvato tramite un referendum popolare, resta ancora confusa mentre l’assemblea costituente è appesa alla decisione della Corte amministrativa del Cairo che il 23 ottobre potrebbe sciogliere l’organismo per un vizio nella legge elettorale del parlamento – sciolto a sua volta lo scorso giugno – che aveva eletto l’assemblea. L’ennesimo pantano democratico che rischia di ritardare ulteriormente l’approvazione di un documento fondamentale per il compimento della transizione democratica egiziana.

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