E’ dal 2010 in testa alla classifica degli uomini più ricchi del mondo, davanti ai vari Bill Gates, Mark Zuckerberg e compagnia cantante. Carlos Slim Helù, messicano di 72 anni, ha fatto denari a palate grazie alle telefonia in America Latina, con il suo gruppo Carso, proprietario di compagnie di telecomunicazioni quali Telmex ed America Movil. E’ un uomo che ha creato la propria fortuna grazie alla tecnologia, insomma.

Slim ha rilasciato una lunga intervista a “La Stampa” questa settimana in cui, tra i vari argomenti, tratta quello dell’età pensionabile. Ci spiega, il nostro, che la soglia pensionistica a 60 anni era giustificata, ai tempi, dal fatto che la maggior parte dei lavori avessero una grossa componente fisica e fossero alquanto usuranti. Oggi, in un mondo basato sulla società dei servizi, i valori importanti sono divenuti esperienza e conoscenza, e quindi considera un delitto che gente di 60 anni sia costretta ad andare in pensione quando si trova all’apice del proprio potenziale e della propria performance.

E’ un’intervista la cui lettura mi ha fatto male, confesso. Perché anche un uomo certamente illuminato come Slim cade nel profondo e doloroso equivoco di confondere la conoscenza con l’esperienza, dando per scontato che l’esperienza sia il “contenitore” dove si vanno a depositare tutte le conoscenze acquisite. A mio parere è un concetto obsoleto, fonte di tanti mali di varie società, non solo quella italiana: baronismo, nonnismo, gerontocrazia, immobilismo, conservatorismo. Pensare che in una società che viaggia a velocità supersonica come quella attuale – dove ogni giorni si creano nuove conoscenze e se ne distruggono altrettante e dove la conoscenza è indissolubilmente legata all’innovazione – la “vecchia” generazione possa ancora dettare legge solo tramite un meccanicistico gesto di “impilare” conoscenze nel corso degli anni, significa aver capito molto poco dei processi attuali e dei trend futuri.

Ho 41 anni e faccio un lavoro dove è richiesto un costante aggiornamento non solo tecnico-professionale, ma anche di contesto e di analisi socio-economico-politica. Ebbene, confesso senza vergogna che già alla mia età, quando mi confronto con colleghi più giovani – magari appena usciti dall’Università – mi rendo conto che troppo spesso mi difendo con consigli da “buon padre di famiglia”, intrisi di saggezza empirica, di fronte all’incredibile bagaglio di conoscenze che questi attori giovani posseggono, e rinnovano quotidianamente. Pensare che tra 31 anni, all’età di Slim, mi dovrei mettere a sgomitare per difendere certe posizioni di privilegio che ritengo acquisite sulla scorta del mio maggior accumulo di anni rispetto alle nuove leve, mi fa sinceramente orrore.

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