Il portavoce del Congresso Generale libico, Omar Homidan, ha annunciato alla tv di Stato Al Ahrar, che Khamis Gheddafi, il 29enne figlio del Colonnello, dato per morto già altre volte, è stato effettivamente ucciso ieri nella roccaforte gheddafiana di Bani Walid. In precedenza era stata la rete al Arabiya a dare per prima la notizia, prima della cattura e poi della morte per le ferite riportate negli scontri di Khamis, settimo e più giovane figlio di Muammar Gheddafi. Voci non confermate riferiscono che la salma di Khamis sarebbe stata portata a Misurata, la città quartier generale della brigata Hiteen che ha attaccato Bani Walid. Il tutto nel primo anniversario dell’uccisione del colonnello a Sirte. 

Khamis, nato nel 1983, è stato spesso presentato dal regime come l’icona militare della rivoluzione, “il Muammar giovane”, mentre per i ribelli è semplicemente “il macellaio”. A tre anni, Khamis rimase ferito nel bombardamento americano su Tripoli nel 1986, a cui suo padre sfuggì, ma in cui morì una delle sue sorelle adottive. Formatosi nelle accademie militari russe, e con studi in diversi Paesi europei, Khamis aveva il grado di capitano ed era responsabile del reclutamento e dell’addestramento di mercenari provenienti dai paesi dell’Africa sub-sahariana. Ma era soprattutto il comandante della 32/a Brigata corazzata, conosciuta anche come “Brigata Khamis”, la più importante e temuta unità di élite dell’apparato bellico libico, che contava circa 10.000 uomini, tra i quali molti mercenari stranieri. La 32/a, che aveva il suo quartier generale vicino Bengasi, era stata inizialmente schierata da Gheddafi a difesa di Tripoli, ma alcuni dei suoi uomini erano stati in seguito inviati in diverse aree del Paese per sostenere le forze governative nella lotta contro i rivoltosi. Khamis e le sue unità speciali avevano fronteggiato l’insurrezione sui fronti più caldi: erano stati loro ad aver represso la rivolta a Zawia, la città a una manciata di chilometri a ovest di Tripoli, e nella stessa capitale. Poi, la 32/a aveva guidato la controffensiva libica, portando i carri armati di Gheddafi sino alla periferia di Bengasi, capitale degli insorti. Solo l’intervento della Nato aveva impedito il “bagno di sangue” evocato dal rais. Già il 20 marzo 2011 Khamis era stato dato per morto in uno dei raid dei jet dell’Alleanza su Bengasi. Poco più di una settimana dopo era però riapparso in pubblico, sulla Tv di Stato, che lo aveva mostrato mentre stringeva le mani di alcuni sostenitori del regime radunati davanti alla caserma-bunker di Bab al Azizia, a Tripoli, per formare scudi umani a difesa di Muammar Gheddafi.

Il 29 agosto dell’anno scorso era arrivata di nuovo l’informazione che Khamis era rimasto ucciso, proprio vicino a Bani Walid, colpito – si disse – da un elicottero Apache della Nato. Il Consiglio nazionale di transizione aveva più tardi confermato l’informazione, mentre l’Alleanza insisteva di non saperne nulla. Ieri, ancora dalla fatale Bani Walid, la notizia della sua terza morte. Intanto si aggrava il bilancio degli scontri tra le forze governative libiche e i gruppi armati a Bani Walid, ex roccaforte del regime di Muammar Gheddafi. Il nuovo bilancio porta il numero dei morti a 26 morti mentre i feriti sarebbero più di 200. Fonti ospedaliere citate dall’agenzia di stampa libica, Lana riferiscono di 22 morti e oltre 200 feriti nell’ospedale di Misurata. Mentre l’ospedale di Bani Walid segnala quattro morti. Tra questi una bambina di quattro anni e 23 feriti.  

L’ex portavoce di Gheddafi, Mussa Ibrahim, ha smentito il suo arresto, annunciato ieri dal governo, attraverso un messaggio audio su internet. L’autenticità del messaggio non può essere confermata. “A proposito delle notizie sul mio arresto…si tratta di un tentativo per sviare l’attenzione sui crimini commessi dai ribelli della Nato contro la nostra gente a Bani Walid – ha detto il presunto Ibrahim Mussa in questo audio -. Noi siamo all’esterno della Libia e non abbiamo alcun legame o contatto con Bani Walid’’. Mussa ha aggiunto che donne e bambini sono stati “uccisi ingiustamente” nella città dalle “forze di Al Qaida alleate con le bande criminali di Misurata”.

 

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