Si fa chiamare JR, come il protagonista del celebre serial americano che impazzò negli anni Ottanta, ma è francese, vive a Parigi ed è uno dei massimi esponenti della street art. Che pratica, ovviamente, in clandestinità, consistendo la sua arte nell’usare (e abusare) dei palazzi, delle strade, degli arredi urbani: JR ha affisso le sue immagini ovunque, dalle banlieues di Parigi al muro che divide Israele e Territori palestinesi passando per i grattacieli di New York e gli slums indiani e africani.

Per una volta, però, questo artista controcorrente e anti sistema (che ha però vinto il prestigioso Ted Priore 2011), si trova a lavorare con le istituzioni che solitamente gli fanno la guerra: insieme per un flash mob contemporaneo in otto città italiane dove, sabato 20 e domenica 21, vengono esposte su edifici e in luoghi pubblici, 1500 gigantografie di altrettanti cittadini italiani e stranieri. Sono le foto delle persone che hanno “messo la faccia” su Inside Out/ L’Italia sono anch’io, il progetto che vuole tenere alta l’attenzione sui diritti di cittadinanza dopo che, negli scorsi mesi, sono state raccolte oltre 200 mila firme per due proposte di legge popolare. La prima per il diritto di cittadinanza a chi nasce sul suolo italiano. La seconda per il diritto di voto alle elezioni amministrative per i cittadini stranieri regolari da almeno cinque anni.

Le installazioni dei grandi poster in bianco e nero (realizzati da cittadini-fotografi su istruzioni dello stesso JR) campeggiano lungo le strade cittadine o all’interno e all’esterno di edifici pubblici di particolare valore simbolico: a Milano è stata scelta l’Arena civica Giani Brera, il più antico impianto sportivo al mondo ancora in funzione.

Le facce di cittadini italiani si alternano e si confondono con quelle di cittadini stranieri. Soprattutto ragazzi: sono i compagni di scuola dei nostri figli. O i figli dei nostri colleghi di lavoro. Sono i ragazzi che incontriamo al parco e al cinema, al bar e nei negozi. Vestiti come tutti, gentili o chiassosi come tutti. E con tutta la vita davanti. Ma non la stessa vita di tutti.

Perché i ragazzi di seconda generazione, nati cioè in Italia da genitori stranieri, non sono italiani. Possono chiedere la cittadinanza una volta compiuti i 18 anni, ma hanno solo un anno per completare la pratica, che spesso è complicata da una serie infinita di questioni burocratiche, e quindi spesso non arriva a buon fine.

Se poi il ragazzo non è nato in Italia ma vi è arrivato piccolissimo, non può fare richiesta di cittadinanza: nemmeno se ha completato l’intero corso di studi, dall’asilo alla scuola superiore, e parla e scrive italiano meglio di tanti suoi italianissimi coetanei. E se anche riuscirà ad andare all’università e a laurearsi, non potrà accedere ai bandi pubblici né iscriversi agli albi professionali.

Le seconde generazioni senza cittadinanza non possono diventare insegnanti, magistrati, architetti, notai, vigili del fuoco, poliziotti, militari, bidellli, autoferrotranvieri. Non possono gareggiare negli sport agonistici, e indossare la divisa della nazionale italiana, fare attività di ricerca universiaria. Non possono votare e tantomeno essere votati.

Chi vuole dare una chance a questi nostri concittadini, può metterci la faccia: facendosi fotografare (ed esporre) nei luoghi delle installazioni delle diverse città. Fino a domenica 21 ottobre.

Milano: Arena Civica Gianni Brera

Reggio Emilia: Musei civici

Cagliari: Mediateca del Mediterraneo

Firenze: ex Meccanotessile

Palermo. Via Libertà

Trieste: piazza della Borsa

Crema: Muro degli Stalloni

Sassari: Giardini pubblici

 

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