Ci sono incontri che cambiano la vita. A Fabio Fraticelli, marchigiano di 28 anni, tre anni fa è bastata una chiacchierata di dieci minuti a margine di una conferenza per finire oltreoceano. Da allora, oltre ad essere ricercatore in organizzazione aziendale presso l’Università Politecnica delle Marche, fa la spola negli Usa, destinazione Acadia National Park nel Maine, dove si occupa di introdurre innovazioni tecnologiche per migliorare l’esperienza dei visitatori del parco (ogni anno, circa due milioni e settecento mila persone). “Sono da sempre appassionato di tecnologia, – racconta – mi piace approfondire il legame fra innovazione e organizzazione di impresa, studiare come le aziende possano introdurre idee efficaci e coerenti con i propri obiettivi strategici e la propria missione. Nel caso dei parchi, la problematica principale è il rischio che le nuove tecnologie non siano coerenti con i valori del territorio e alterino la connessione fra uomo e natura”.

Grazie all’incontro con Sheridan Steele, direttore dell’Acadia, Fabio passa otto mesi all’anno in Italia e i restanti quattro nel Maine, presso le strutture del parco. Il futuro è un’incognita: Fabio vorrebbe rimanere vicino ai suoi affetti, avere l’Italia come base per poi spostarsi in tutto il mondo. Gli piacerebbe anche proseguire il lavoro con i colleghi statunitensi, con i quali è nato uno scambio di prospettive e opinioni, tanto che Fabio sta dando vita ad alcuni progetti. Per esempio quello di portare alcuni degli studenti dell’università italiana presso cui lavora a fare un’esperienza all’Acadia. Da qui nasce An italian tale”, pagina creata nei social network in cui Fabio racconta la sua vita di ricercatore e “pendolare” negli Usa, e in cui ha lanciato la sua nuova idea: “La mia prospettiva, dopo questa avventura, è profondamente cambiata. Mi sono detto: io quest’esperienza l’ho fatta, mi piacerebbe la potessero fare quante più persone possibili. Prendiamo un ragazzo che proponga un’idea, e mettiamolo di fronte a un imprenditore che può scegliere di scommettere su di lui. Il metodo deve essere semplice: accorciamo il più possibile il percorso che un ragazzo deve fare per veder realizzata la sua idea”.

Eliminare quindi tutta la trafila di contatti, ricerche, mail cadute nel vuoto e meccanismi farraginosi che spesso bloccano anche le intuizioni migliori sul nascere. Con questo proposito, e questa sfida, Fabio ha creato la sua “Lettera ad un Imprenditore Illuminato”. Eccone uno stralcio: “Quante aziende italiane cercano un nuovo spunto per rilanciarsi nel mercato ma non hanno uno straccio di idea nuova su cui puntare? Quanti ragazzi cercano un’opportunità per dimostrare al mondo che le loro idee hanno un valore ma non hanno i mezzi per arrivare al mercato?
 Sono come due innamorati che si sono persi, come le due metà della mela che stentano a ritrovarsi”. Sarà pure un po’ romantica, però l’idea funziona, e c’è già chi si è proposto a Fabio come mecenate per investire su giovani idee. Un progetto “a chilometro zero – spiega Fabio – per cui si ricominci a lavorare sul territorio: incontriamoci, prendiamo un caffè e discutiamo. Recuperiamo un po’ di umanità nei rapporti. Secondo me dobbiamo metterci tutti in discussione: se ho un’idea, non devo pensare che faccia tutto schifo e non ci sia nessuna possibilità. Di contro bisogna che qualcuno dall’altra parte mi stia a sentire. Mi rendo conto che possa suonare un po’ ideale, ma io stesso ho visto che si può costruire tanto anche in tempo di crisi. E non deve essere un rapporto gerarchico: è uno scambio, un camminare insieme. Come è successo a me e a Sheridan Steele, dell’Acadia Park. Uno su questa terra ci sta, e ci cammina; nel mentre incontra delle persone, e camminare insieme rende tutto più entusiasmante e più divertente”. Basta trovarsi.

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