Franco Gabrielli, capo della Protezione Civile, ha dichiarato ai microfoni di Radio Capital che gli emiliani hanno reagito al sisma meglio degli aquilani: “C’è in alcune comunità un attivismo, una voglia di fare, che sono insiti. La differenza, storicamente, in Italia non la fa la quantità di denaro destinato agli aiuti, ma la capacità di progettualità di ogni singolo territorio. E gli emiliani hanno reagito meglio”.

Io non sono emiliano, sono un “cugino”, romagnolo. Quanto detto da Gabrielli è quanto si è sentito per mesi in un qualsiasi bar, piazza, negozio, angolo di strada in cui si sia parlato contestualmente dei due terremoti. Quanto detto da Gabrielli farà – anzi, sta già facendo – indubbiamente discutere, perché è dolorosamente vero.

In Emilia non sono stati stravolti i piani urbanistici, non sono nati quartieri ex novo in terreni agricoli, soppiantati dalla festosa emergenza.
In Emilia dopo poche settimane dalle scosse si abbattevano gli edifici pericolanti, in barba a Sgarbi.
In Emilia nessuna autorità si è permessa di ridurre le tendopoli in teatrini del potere.

Eppure non serve per forza tirare in ballo un terremoto per capire che la cittadinanza può fare la differenza: perché la Puglia si è trasformata in un infinito campo eolico, mentre sulla Faggiola le pale sono state bocciate in tronco?

L’analogia è distante, ma serve da misura per la medesima conclusione: sabato a Ravenna c’è stata una manifestazione No Tav contro la Cmc. Il sindaco ravennate Fabrizio Matteucci, dalla sua pagina Facebook, ha rivolto un invito ai suoi concittadini a “non aderire alla manifestazione”.
Un “invito a non aderire”: quando in Italia siamo abituati a minacce, ritorsioni poliziesche, aggressioni verbali ogni volta che un gruppo di cittadini senza etichette politiche o sindacali alza la testa, in Emilia-Romagna gli amministratori chiedono “per favore”. E che piaccia o meno, è anche in questi toni che si sente il peso dei cittadini; lo stesso peso che gravita sui postumi della manifestazione: discussioni, non vetrine distrutte, cassonetti incendiati ed estintori volanti.

Riporto questo pur trovandomi in netto contrasto ideologico con un politico che sostiene nuovo cemento, che si chiami Tav o Nuova Romea. Sono consapevole che anche a casa nostra non tutto funzioni come dovrebbe e non mancano certamente le speculazioni, edilizie in primis. Le aziende produttive chiudono o si spostano, mentre proliferano innumerevoli e sovradimensionate strutture commerciali (vedremo in futuro se sarà stato più intelligente chi coltiva il grano o chi coltiva registratori di cassa). Anche nel nostro territorio la crisi ha insegnato meno del dovuto, se è vero che continuano a spuntare cartelli di nuove edificabilità in suolo vergine, di fronte a capannoni chiusi per fallimento.

Ma riporto questo quale esempio civile di come politica e cittadinanza dovrebbero dialogare. Parlate di più con i vostri amministratori, metteteli all’angolo, pretendete che siano presenti e raggiungibili, sempre: un primo cittadino distante è un cancro per una città. Lasciate perdere la politica di palazzo, buona per riempirsi la bocca al bar. Puntate basso: il vostro territorio dirà grazie, anche se tirasse il terremoto.

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