C’erano un migliaio di persone alla manifestazione organizzata ieri dalle opposizioni lombarde per chiedere le immediate dimissioni della giunta di Roberto Formigoni. Un numero di presenze ritenuto però insufficiente da alcuni partecipanti. “Siamo quattro gatti, sono tutti davanti alla tv”, si lamenta uno di loro, che e se la prende con gli scivoloni della sinistra: “Chi si è macchiato di errori gravissimi continua a rimanere al suo posto – spiega – questo allontana la gente”. Altri se la prendono con un’opposizione che in Regione sarebbe stata “troppo debole”. E per alcuni la misura è colma. La signora Emilia, venuta apposta dall’hinterland per chiedere le dimissioni del Celeste, è pronta a scommetterci: “La sinistra non vincerà – assicura -, non sono credibili”.

Numeri a parte, i manifestanti hanno intonato cori e applaudito gli interventi che si sono alternati ai piedi di palazzo Lombardia. A parlare soprattutto esponenti della società civile, meno i politici. “Questa deve diventare come piazza Tahrir al Cairo”, ha detto Onorio Rosati della Cgil. Mentre il sindaco di Milano Giuliano Pisapia ha inviato un messaggio. ”Dopo il diluvio, un grande arcobaleno illuminerà la Lombardia”, ha scritto il primo cittadino. “I balletti sulle date – ha proseguito Pisapia – le dichiarazioni di queste ultime ore dell’ormai ex maggioranza in Regione dimostrano sempre più l’assoluta necessità di tornare al più presto al voto per voltare pagina dopo anni di malgoverno della destra”.

In piazza anche il renziano Giorgio Gori e il cantante Roberto Vecchioni. Tutti pronti al voto. O quasi. Se il Carroccio dovesse negare a Formigoni la maggioranza necessaria per cambiare la legge elettorale, la Lombardia potrebbe andare alle urne già entro Natale. Nei corridoi del Pirellone si parla del 16 dicembre. Una data che però impedirebbe al centrosinistra di ricorrere alle primarie, rischiando di generare un cortocircuito. “Se mancherà il tempo – chiarisce il consigliere Idv Stefano Zamponi – il candidato uscirà da un tavolo di discussione”. Un tavolo necessariamente ampio, perché il ‘toto-candidati’ comprende già un’ampia rosa di nomi. Tra i democratici si parla del segretario regionale Maurizio Martina e del consigliere Giuseppe Civati. E qualcuno fa il nome dello stesso Gori, anche se l’interessato non commenta. Candidato certo è invece il consigliere di Sel Giulio Cavalli, che indica la legalità come bussola per la nuova legislatura e lancia un messaggio agli alleati: “Insieme finché i confini che ci dividono sono potabili”. A garantire ci pensa il capogruppo del Pd in Regione, Luca Gaffuri, che promette: “Questa volta non ci divideremo”. Trentacinque piani più in alto, Roberto Formigoni minimizza. E in un breve incontro con la stampa, commenta: “Qualche centinaia di persone non devono impressionare. È fisiologico dissenso”. E ancora: “Anche nel 2000, quando presi più del doppio dei voti di Martinazzoli, c’era chi non mi aveva votato. È la democrazia”. Ancora una volta, per Formigoni è tutto normale, e i sondaggi, dice lui, lo danno al 50,1 %.

IL DISOBBEDIENTE

di Andrea Franzoso 12€ Acquista
Articolo Precedente

“Che c’azzeccano questi?”. L’Italia dei Valori tra tensioni e rinnovamento

next
Articolo Successivo

Una rinuncia da dama di classe

next