Giusto il tempo di fare cassa per gli interessi di Umberto Bossi e poi se ne sono andati. Parla così, Sara del negozio di souvenir di Brescello, lei che con il Circolo della Lega Nord del paese di Peppone e Don Camillo ci divide il pianerottolo da anni. Siamo in Emilia, la famosa terra di conquista del partito di Bossi di qualche tempo fa. Sullo sfondo i circoli locali e lo scenario è sempre lo stesso. “Non si vede più nessuno”, dice la ragazza cinese che lavora al bar della piazza. Deserto. Una bandiera con il Sole delle Alpi, il verde simbolo del partito e un campanello, che suona a vuoto. Stessa storia a Guastalla, là dove un tempo c’era la sede di Angelo Alessandri, ex segretario nazionale della Lega Nord Emilia. I caroselli avevano accompagnato la presa del palazzo comunale e ora la sede non ha nemmeno la bandiera, è chiusa.

Circoli abbandonati e dirigenti in fuga, di fronte ad un progetto che non funziona più. L’ultimo duro colpo è arrivato martedì corso, con le dimissioni di alcune pedine fondamentali del partito: il capogruppo in consiglio comunale a Reggio Emilia Giacomo Giovannini; il primo sindaco leghista della provincia reggiana Giorgio Bedeschi; i consiglieri provinciali Francesca Carlotti e Stefano Tombari. Ma l’ecatombe è appena cominciata, perché, “non ci riconosciamo più in questo partito e dobbiamo fare un atto di onestà”, annunciano i dirigenti. Il punto di non ritorno a Venezia, quando Maroni ha presentato a “La Festa dei Popoli Padani” una macro-regione europea del nord, dove però non c’era nessun accenno a Emilia o Romagna. “Tagliati fuori e dimenticati, ancora una volta”, dice Bedeschi. La recriminazione è sempre la stessa, aver portato il partito là dove sembrava impossibile, nella terra rossa di operai e cooperative ed essere dimenticati con un colpo di spugna. “Non sono io ad essere cambiata, ma il partito”, sottolinea la giovane Francesca Carlotti ai tempi benedetta dallo stesso Bossi.

 

Erano le politiche del 2008, le europee del 2009 e le regionali del 2010. Dai 331 000 voti per il partito di Bossi all’inizio, si è arrivati ai 145 000 del 2012 con un calo di oltre il 50%. È la storia dell’occupazione dell’Emilia, quella gridata dai gazebo verdi e che annunciava un’invasione senza precedenti. Da una parte una sinistra arrogante, di quelle che “tanto qui si vince sempre”. Dall’altra un partito venuto dal basso, con proposte di pancia e voglia di ricominciare dalle sezioni rosse che altri avevano abbandonato. Poi è successo qualcosa. A raccontarlo impallidisce Marco Lusetti, ex vice segretario nazionale della Lega Nord Emilia, braccio destro di Alessandri e poi espulso dal partito: “È successo che sono diventati come quelli che volevano combattere. Si sono adagiati”. Uomo di sinistra cresciuto nelle file del Pci, ha scelto la Lega perché guardava ai cittadini e ne capiva il malcontento.

“Dal 2008 in poi ho cominciato a denunciare quella che io credevo una mala gestione dei soldi pubblici che venivano affidati ai gruppi regionali. Poi mi hanno chiesto di firmare un foglio in cui negavo tutto. Non l’ho fatto e nel settembre 2010 sono stato espulso”. Una vicenda spinosa, con Lusetti che da visionario diventa traditore e infine vittima sacrificale; poi un’accusa per la condotta a guida dell’Enci (Ente Nazionale della Cinofilia Italiana) ed è catapultato al centro di indagini ancora in corso. “È stato un doppio tradimento, perché se rubano gli altri te lo aspetti, ma dalla Lega Nord non te lo saresti mai aspettato”.

E il malcontento corre lungo tutta la via Emilia. “Festa della Lega qui?”, dicono dal centralino del circolo di Reggio Emilia, – sì l’anno scorso ne abbiamo organizzata una a Brescello, ma quest’anno mancano i fondi”. E forse c’è poco da festeggiare. Tanti i comuni e gli alleati persi: a Guastalla, dove la giunta Pdl-Lega Nord dopo la cacciata del vice sindaco Lusetti ha dovuto procedere al “rimpasto” tra le polemiche; o Bettola, in provincia di Piacenza, il paese originario di Pier Luigi Bersani dove nel 2010 alle regionali la Lega conquista il 35%, per poi ritrovarsi un sindaco Pd nel 2012.

Oppure i casi più recenti: Salsomaggiore con il “padano” sindaco Carancini costretto a sciogliere la giunta. Poi Castellarano con la promettente Francesca Carlotti candidata sindaco e poi sconfitta nel 2011. Senza dimenticare i grandi risultati delle europee del 2009: 12,8% Reggio Emilia, 13,2% Modena, 14,9% Parma, 16,7% Piacenza. Poi lo scandalo del tesoriere leghista Francesco Belsito e il sistema che comincia a tremare.

Il caso esemplare è il paese di Viano, dove nel 2009 vinse Giorgio Bedeschi, primo sindaco leghista della Provincia di Reggio Emilia. La sua venne definita un’impresa storica, ma anche qui l’inarrestabile ascesa del Carroccio si arena. A raccontare la vicenda di Ca’ Bertacchi, borgata di Viano, è Giovanni De Vito, membro del comitato apolitico Salcaber, nato per salvare Il Cannocchiale, zona panoramica che per volontà della precedente amministrazione di sinistra avrebbe dovuto ospitare 3.950 mq di edificabilità per una nuova zona residenziale. “Il sindaco della Lega Nord, – dice De Vito – era al nostro fianco, aveva firmato la petizione. Con lui due assessori e l’attuale vicesindaco. Pur non facendo parte del nostro comitato cavalcavano la protesta e avevano fatto promesse. Per questo hanno vinto, ma una volta al potere, hanno votato quello stesso piano. Non è democrazia. La politica non può dire una cosa e fare il contrario, se prima c’era delusione ora c’è disgusto”.

E là dove tutto sembra crollare, in una ritirata senza precedenti dall’Emilia, a parlare è Fabio Rainieri, eletto segretario nazionale della Lega Nord Emilia nel post Alessandri e pronto a difendere il progetto: “Abbiamo avuto dei problemi interni prima delle elezioni amministrative di quest’anno, però siamo tranquilli. Siamo stati gli unici tra i partiti a rivoluzionare il movimento quando ce n’è stato bisogno. Occupare l’Emilia, non è solo d’attualità ma è l’obiettivo che abbiamo. La gente ricomincerà ad avere fiducia in noi”.

La chiamavano conquista dell’Emilia, con la presa delle sezioni un tempo del Pci, la capacità di parlare agli operai e sporcarsi le mani là dove la sinistra non era più tornata. Così si raccontava. A parlare sono i circoli abbandonati e le sconfitte locali, ma il vero banco di prova saranno le prossime legislative. “Non me lo chieda, – dice una signora a Guastalla, – non vogliamo più saperlo dov’è il circolo della Lega Nord”. Abbassano la testa, con la vergogna delle città rosse che per un attimo hanno osato votare Carroccio e che ora, si chiedono chi riempirà quella ferita aperta. 

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