Ce l’ha fatta. Felix Baumgartner ha tenuto con il fiato sospeso pubblico da tutto il pianeta. L’austriaco 43enne, dopo il rinvio di qualche giorno fa, ha ritentato l’impresa e l’ha portata a compimento con freddezza e concentrazione.

Una missione di alto grado di interesse sia per gli aspetti di fisiologia del corpo umano in situazioni estreme, sia per l’impegno tecnologico connesso.

Tutto è stato studiato alla perfezione, con protocolli simili a quelli di un lancio di uno Shuttle.

Un pallone aerostatico fuori dal comune, capace di contenere due volte il Colosseo, dello spessore di soli 20 µm (millesimi di millimetro), ha portato la capsula alla quota di 39.045 metri. Il lancio era previsto per una quota inferiore di ben 3 km, ma le condizioni atmosferiche hanno fatto sì che la capsula effettuasse la sua ascesa con una velocità eccessiva per affrontare la delicata operazione di apertura del portellone alla quota target.

Il momento precedente al lancio ha mostrato un Baumgartner palesemente rallentato nelle sue reazioni. Nonostante la parziale pressurizzazione della tuta e della capsula, freddo e stress hanno messo alla prova l’austriaco, tanto da costringerlo ad ascoltare più volte lo stesso comando da terra per eseguirlo.

Una volta in piedi, sospeso tra spazio e terra, il protocollo è terminato con il distacco dell’alimentazione di ossigeno della tuta. La riserva di 10 minuti di ossigeno gli ha permesso di coprire – con le dovute tolleranze – i 5 minuti massimi di caduta libera nella fascia di stratosfera dove l’aria è così rarefatta da mandare in ipossìa un uomo in pochi secondi. A quelle altezze, l’aria è praticamente inesistente e con lei la pressione che essa genera sul nostro corpo. In assenza della pressurizzazione della tuta, il suo corpo avrebbe cominciato ad espandersi rischiando di lacerarsi anche al suo interno.

Pertanto, Baumgartner ha avuto ben poco tempo per la retorica del momento e si è molto delicatamente lasciato cadere dopo la massima di rito: “a volte, occorre salire così in alto per capire quanto si è piccoli”.

Una caduta al limite del possibile, attraversando oltre 34 km di atmosfera con zone a temperature inferiori ai -60°C e ad un’accelerazione che l’ha portato in meno di 25 secondi a superare la velocità di un jet di linea, per arrivare alla massima stimata di 1342.8 km/h (Mach 1.24) in circa 50 secondi.

Il primato andava raggiunto nei primi istanti di caduta, prima che l’accelerazione di gravità cominciasse ad essere contrastata dall’attrito dell’aria più densa degli strati inferiori, che avrebbe inevitabilmente rallentato la sua caduta.

La velocità misurata dai sensori della tuta di Baumgartner è stata di 1137 km/h, per cui si dovrà aspettare qualche giorno per avere i dati ufficiali sull’effettivo superamento della barriera del suono, confrontando parallelamente quelli altimetrici e barometrici.

Pochi istanti dopo aver superato il picco di velocità, l’austriaco ha perso il controllo ed è entrato in autorotazione, ma ha saputo abilmente riprendere stabilità e orientamento. Inconveniente molto spettacolare, ma meno pericoloso del semplice appannarsi del casco, che l’ha costretto ad aprire il paracadute ben prima del previsto e fargli sfumare il record della caduta libera più lunga.

Nel 1960, un militare statunitense di 52 anni, Joe Kittinger, si lanciò da circa 31 km di quota cadendo per 4 minuti e 36 secondi, contro i 4’15” di Baumgartner.

Tanto di cappello ai tecnici del team e al coraggio dell’uomo che ha affrontato un’impresa così difficile. Tuttavia, se penso che 30 minuti della sua ascesa sono stati dedicati al surriscaldamento di un filo di rame microscopico che doveva, insieme ad un altro centinaio, riscaldare la visiera del casco per evitare condensa, mi rendo conto che il record, per quanto battuto, sia più quello dello statunitense che ha compiuto un’opera simile senza GPS, senza tuta e paracadute di ultima generazione, senza una comunicazione ad alta qualità costante via radio con la base, senza monitoraggio di ogni dettaglio tramite sensori biometrici, telemetria e telecamere ad alta definizione….e senza il lunotto termico al posto del casco.

A Felix, i miei sinceri complimenti per il fantastico show.

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