A Dobbiaco in provincia di Bolzano, nell’annuale incontro dell’Accademia dei colloqui sull’ambiente e sul futuro del pianeta, si è discusso di un argomento di fondamentale importanza: il suolo come ultima risorsa naturale in grave pericolo, a causa del suo sfruttamento intensivo e la minaccia conseguente per la sopravvivenza dell’umanità.

Dobbiamo sapere che il territorio utile alla riproduzione della vita, è solo il 16% della superficie terreste, un bene fortemente limitato.

Il suolo è stato definito da Karl Ludwig Schibel presidente dei colloqui,  come “miracolo ecologico” contenitore di enormi risorse, come “bene culturale” la cui lavorazione da parte dell’uomo nel corso dei secoli ne ha mutato la fisionomia rendendolo utilizzabile, mentre invece considerato come “merce”, puro fattore di scambio del profitto ha provocato al suolo stesso ed all’umanità enormi danni.

Per Winfried  Blum esperto mondiale dell’Università Boku (Vienna) Il suolo è la riserva energetica più importante, comunica con l’aria e trasporta l’acqua, nelle cavità del sottosuolo  attraverso la macerazione del fogliame, il lavoro dei batteri e dei funghi, si nutrono grandi quantità di essere viventi, i  processi di trasformazione biochimica rendono possibile la fertilità delle piante e la vita degli animali e dell’uomo.

La crescita demografica ( 85 milioni di abitanti della terra in più ogni anno) lo spopolamento delle campagne che porta (100 milioni di migranti verso le megalopoli  ogni anno), i cambiamenti negli stili alimentari portano ad un consumo enorme di carne che richiede la crescita continua di produzione di cereali da destinare all’alimentazione animale anziché umana; non sarebbe meglio consumare meno carne saltando un inutile “passaggio”, migliorando così la qualità della produzione agricola?

C’è un’enorme perdita di terreni fertili a causa dei processi di urbanizzazione, lo sviluppo di nuove infrastrutture come edifici residenziali, impianti produttivi e vie di comunicazione, comporta un consumo ed una perdita di suolo per effetto della cementificazione.

Cemento, asfalto e altri materiali edili, rendono il terreno impermeabile, sottraendo superficie alla produzione di biomassa agricola e forestale. Questo fenomeno nella sola unione europea determina ogni anno la perdita di 1.000 kmq di suolo, pari a 350 ettari al giorno, ogni giorno nel mondo si cementificano 2-300 Kmq di suolo. In italia l’Emilia Romagna è una delle regioni dove il tasso d’incremento del consumo di suolo è stato tra i maggiori dal dopoguerra, oltre il 5% annuo, eppure i programmi della pubblica amministrazione riguardano essenzialmente la costruzione d’infrastrutture edilizie: strade, cavalcavia, nastri di cemento, ponti ecc.

Eppure dovremmo renderci conto che costruire altre strade,  aumentare il numero di case non serva a migliorare le condizioni di mobilità e dell’abitare; occorrerebbe ridurre le superfici  asfaltate e ripristinare suolo per le attività agro-forestali, nel frattempo bisognerebbe potenziare i trasporti alternativi all’auto, e ristrutturare il patrimonio edilizio esistente, rendendolo meno energivoro, utilizzare la competenza delle aziende di costruzioni per combattere il dissesto idrogeologico e migliorare la qualità dell’abitare nelle periferie congestionate.

Anche questo è “sviluppo economico” ma nel segno di risparmio di territorio, di miglioramento della qualità ambientale, di risparmio energetico e pertanto di maggiore ricchezza da distribuire per consumi equilibrati. Una  “giusta misura” come dicono ai colloqui di Dobbiaco tra benessere economico e benessere ambientale, migliore redistribuzione per una maggiore giustizia sociale a livello mondiale; non è una sfida impossibile ma la cultura prevalente delle classi dirigenti, non è ancora preparata a questi cambiamenti  che possono avvenire solo in un regime di “capitalismo decrescente e mitigazione del profitto privato” per favorire un “profitto socialmente ed ambientalmente  compatibile” .

La sfida per la difesa del suolo diventa tutt’uno con quella per la prosecuzione della vita sulla terra , il “land grabbing”, il fenomeno dell’ accaparramento di suolo da parte di multinazionali ed economie emergenti, ha portato in Africa  ad impossessarsi di oltre 75 milioni di kmq, con la compiacente disponibilità di ministri corrotti e dell’assenza di un catasto, queste aree sono sottratte ai legittimi proprietari e ad un’agricoltura  finalizzata alle esigenze locali per soddisfare il bisogno di produrre biocombustibili, domani questi suoli saranno contesi anche con le armi. (1-continua)

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