MovidaUna birra, due birre, un mojito, uno spritz… Mi aggiro tra le strade di uno dei quartieri più trendy di Torino (San Salvario) come un estraneo, uno che parla azteco in un paese della Valle Stura. Quando suonavo nel mio primo gruppo, i Loschi Dezi, scrissi un pezzo intitolato “La movida”: la parola, nata in Spagna qualche tempo prima, rappresentava ancora all’inizio degli anni ’90 una sorta di movimento di rottura, la voglia di invadere le strade con nuove energie, nuove idee: tutti avevano fame di novità e si creavano stili, nella musica come nella letteratura o nel cinema. Almodòvar nacque in quel brodo primordiale, anarchico e creativo, sorto sulle ceneri della dittatura franchista. Sembrava di partecipare a un rito collettivo, chi proponeva e chi fruiva erano una cosa sola, necessari gli uni agli altri, tutti proiettati verso un’idea di futuro che non era ben chiara ma si trovava un po’ più in là del presente.

Le strade erano già piene, allora come ora, ma le birre, i mojitos erano un trampolino di lancio verso qualcos’altro e, soprattutto, se qualcosa non era conosciuto veniva seguito con un’attenzione ancora maggiore di ciò che già si conosceva.

Curiosità e voglia di scoprire.

Non so, sono cambiate molte cose, anche Pete Townshend degli Who, quello che nel ’65 cantava “I hope I die before get old” ora è un ricco signore di 67 anni. Però non avverto più la stessa elettricità in queste strade piene di gente. Lo dico? Me ne intendo, ci sono dentro anch’io fino al collo: i telefonini sono sempre accesi e i cervelli sempre più spenti. Ecco. E al “sistema” fa comodo. Un gruppo suona in un locale, Lo Sbarco. Bravi, ma hanno davanti meno di 25 persone, mentre fuori ce ne saranno altre 100, impegnati in una gaudente social indifferenza.

Non credo che sia soltanto perché gli anni che passano mi fanno vedere le cose in maniera diversa: vent’anni di berlusconismo esagerato, deriva della sinistra, Tv spazzatura e subdole ingiustizie sociali hanno inequivocabilmente cambiato il modo di stare insieme e di “stare in strada”. Continuo a frequentare i locali, birra, mojito, spritz, ma della parola movida, movimento artistico culturale, ora è rimasta più o meno la traduzione “gente che si trova per bere davanti ai locali” e non riesco neanche a godermi quel languore amaro ma in fondo gradevole che provoca la nostalgia. Purtroppo non la provo per niente.

(@ foto: Luca Morino)

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