Il problema non è che Daniela Santanché dica in tv, a chi le pone una domanda sui suoi conflitti di interesse di imprenditrice-politica a caccia di soldi dalla Banca Popolare di Milano: “lei è uno stronzo!”. Il problema è che Daniela Santanché “spara cazzate”, come dice lei ai giornalisti che le rinfacciano le sue richieste di credito alla Bpm. L’ex sottosegretario mente quando dice in tv di essere stata svantaggiata dalla Bpm in quanto politico perché “quando viene deliberato qualsiasi atto [in banca, ndr] prima di fare qualcosa con un imprenditore che è anche un politico, noi abbiamo sopra il comitato un altro controllo”. E mente quando dice: “I soldi non me li ha dati la Bpm”.

Ieri il Fatto ha pubblicato le intercettazioni nelle quali Santanché (non indagata) parla con Antonio Cannalire, il consulente dell’ex presidente della Banca Popolare di Milano Massimo Ponzellini, poi finito ai domiciliari come lui a maggio in un’inchiesta sui fidi facili in Bpm nella quale è contestata l’associazione a delinquere dal pm della Procura di Milano Roberto Pellicano (sotto alcuni documenti tratti dagli atti dell’inchiesta). La Guardia di Finanza ha intercettato l’allora sottosegretario del governo Berlusconi nell’ottobre-novembre del 2011, quando Andrea Bonomi prende il comando della banca. Il 22 ottobre Bonomi conquista Bpm e Santanché esulta al telefono con Cannalire: “Vinto! Il primo gol è andato in porta”.

Quale sarà il secondo lo si comprende il 2 novembre: un funzionario della banca chiama Cannalire per riferirgli il suo colloquio con Luigi Lucca, dirigente della divisione crediti. Lucca, scrivono le Fiamme Gialle: “Gli ha detto che un conto é dire ‘abbiamo il 75% di fatture emesse non incassate’ un conto é dire 35/40%. Molteni dice che il problema esiste”. La società Visibilia di Daniela Santanché è una concessionaria che vende spazi pubblicitari ai giornali come il Giornale della famiglia Berlusconi e ottiene credito dalla Bpm presentando le fatture da pagare. Il pm Pellicano ha chiesto al suo consulente Michele Lo Coco, un ispettore di Banca d’Italia, di verificare cosa c’era nelle relazioni interne della Bpm su Visibilia. Si scopre così che “la percentuale di insoluti [sulle fatture presentate dalla società di Santanché, Ndr] nel 2010 si è attestata al 32%, nel giugno 2010-maggio 2011: 56% e in ulteriore peggioramento negli ultimi 4 mesi: da febbraio 2011 a maggio 2011: 79,6%”.

Chi darebbe credito a una società se presenta fatture che 8 volte su 10 non sono pagate? Eppure il consulente del pm scrive: “Dai dati dell’ultima Centrale Rischi disponibile (30 novembre 2011) l’esposizione di Bpm verso il gruppo è di 2,8 milioni di euro con sconfinamento di 120 mila euro. Il sistema è invece esposto per 14,7 milioni di euro (485 mila euro lo sconfinamento)”. Poi la relazione al pm ricostruisce la vicenda delle due società operative – Visibilia 2 e Visibilia Pubblicità – e della capogruppo Visibilia (ex Adv Srl). “I rapporti con il gruppo si instaurano nel dicembre del 2009 con l’affidamento a Visibilia 2 srl per 4 milioni di euro (anticipo fatture per 3,7 milioni e 300 mila euro apertura di credito)”.“Visibilia pubblicità Srl viene affidata nel maggio 2010 con apertura di credito di 200 mila euro e anticipo fatture di 2 milioni”.

A differenza di quanto ha affermato Santanché ad Agorà, la sua pratica non è stata sottoposta a un livello superiore per il suo ruolo politico: “Nonostante nella relazione di agenzia si segnalasse la necessità di innalzare la competenza deliberativa a livello di cda in funzione della carica parlamentare [rectius politica ndr] ricoperta dalla signora Santanché. Il fido è stato deliberato dal Direttore Crediti. Unica garanzia richiesta una lettera di patronage non impegnativa della capogruppo ADV srl”. In pratica, Santanché garantisce alla banca la sua solvibilità e ottiene credito sulla parola, senza garanzie.

Insomma, secondo il consulente del pm Visibilia ha avuto credito senza adeguata istruttoria: “Il processo istruttorio rivela talune debolezze soprattutto in relazione a un adeguato scrutinio del merito creditizio del cliente. Infatti vengono concessi affidamenti a una start up con una dotazione patrimoniale del tutto modesta, struttura finanziaria estremamente aggressiva e con l’acquisizione di garanzie di natura meramente ‘morale’”.

da Il Fatto Quotidiano del 13 ottobre 2012

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