“Le Pussy Riot si sono divise”. Titola così il giornale online Gazeta.ru poco dopo la sentenza d’appello che oggi a Mosca ha deciso la sospensione della pena per Katia Samutsevich (30 anni) una delle tre ragazze della band punk femminista, confermando invece la condanna a due anni di colonia penale per le altre due, colpevoli di “teppismo motivato da odio religioso” per l’ormai celebre performance anti-Putin nella cattedrale di Mosca. Ed è proprio contro l’idea che ora il fronte della Pussy sia diviso e quindi più debole, che si sono subito espressi gli avvocati della difesa. “Sono un gruppo affiatato: le altre due ragazze rimaste in custodia (Maria Aliokhina, 24 anni, e Nadia Tolokonnikova, 22) si sono subito congratulate con Katia”, per la sua scarcerazione, ha detto Irina Khurunova, nuovo legale della Samutsevich la quale ha inaspettatamente ricusato il team di avvocati che segue il caso fin dall’inizio, per incompatibilità di visioni. 

I giudici, ha spiegato la portavoce del tribunale, hanno ritenuto che Katia può essere rieducata anche fuori del carcere. La corte ha ricordato all’imputata che dovrà attenersi ad una serie di limitazioni (tra cui andare due volte al mese al commissariato) e che non dovrà commettere altri reati. Katia sarà rimessa subito in libertà.

Alla lettura della sentenza la ragazza ha manifestato la sua soddisfazione portando il pugno verso l’alto. Il suo nuovo avvocato aveva chiesto di valutare la diversa e limitata partecipazione della giovane alla performance nella cattedrale, sottolineando che era stata bloccata prima della dissacrante preghiera anti Putin. Le altre due compagne sono rimaste impassibili quando la corte ha confermato le loro pene. Gli avvocati delle due Pussy Riot che si sono viste confermare la condanna hanno preannunciato di voler ricorrere al presidium della Corte di Mosca e poi alla Corte europea dei diritti umani

L’avvocato difensore delle due compagne di Katia, Mark Feygin, ha accusato il presidente Vladimir Putin, contro cui era diretta la “preghiera punk” di aver “influenzato in modo illecito la corte” con i suoi recenti commenti sul caso, quando in una intervista televisiva lo scorso fine settimana ha detto che alle donne in primo grado era stata data una condanna appropriata.

La stessa Katia, assalita da sostenitori e giornalisti all’uscita del tribunale, ha dedicato le sue prime parole da libera alle sue compagne. “Sono contenta, ma preoccupata perchè la sentenza per le ragazze non è stata cambiata”. La Pussy, che secondo la difesa ha poi abbracciato il padre e salutato i suoi sostenitori prima di essere portata via dai suoi avvocati che hanno detto che la ragazza aveva bisogno di riposare. “Sembra che abbiamo a che fare con una sorta di gioco politico, che mira a dividere” le componenti del gruppo, “forzandole a rapportarsi in modo diverso rispetto alla condanna” ha commentato Feigin. 

Amnesty International, che ha dichiarato le Pussy Riot “prigioniere di coscienza” ha denunciato che “oggi non è stata fatta giustizia”. Dal canto suo, la Chiesa ortodossa russa – ritenuta da alcuni il mandante del processo – ha ribadito l’auspicio che le ragazze si pentano. In un commento all’agenzia Interfax, l’arciprete Dmitri Smirnov, capo del dipartimento sinodale per i rapporti con le forze dell’ordine e l’esercito, ha sperato che la libertà concessa alla Samutsevich venga utilizzata in modo corretto e non per altre azioni blasfeme. Le Pussy, però, non hanno alcuna intenzione di ubbidire a quelle che ritengono le “intimidazioni” del Patriarcato di Mosca. In aula oggi si sono dette tutte e tre innocenti e disposte a chiedere scusa ai fedeli offesi dalla loro performance, ma hanno rifiutato di pentirsi. “Non c’era nulla di anti-religioso nella nostra azione – ha spiegato la Tolokonnikova, ritenuta la leader del gruppo – Sono pronta a chiedere scusa se ho offeso delle persone, ma pentirsi è impossibile, perché vorrebbe dire riconoscere che la nostra azione era diretta contro la religione, cosa che non è vera”. Nessun segno di cedimento neppure da parte della Aliokhina. “Anche se ci manderanno in Siberia non rimarremo in silenzio”, ha avvertito la giovane, la quale ha poi rimandato al mittente le accuse di volgarità espresse nei loro confronti dal presidente, Vladimir Putin, secondo il quale le ragazze hanno avuto quello che si meritavano.

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