“Les pigeons” hanno avuto la meglio su François Hollande, e il governo francese si rimangia l’aumento dell’imposta sulle plusvalenze delle società. Sono bastati pochi giorni di intensa campagna mediatica online, e il gruppo di imprenditori ribelli alle misure di austerità contenute nel “projet de loi de finances PLF” del 2013 (l’equivalente della Finanziaria italiana) hanno costretto l’Eliseo a fare dietrofront sulla proposta di alzare considerevolmente l’aliquota sulle plusvalenze, uno dei punti contenuti nel programma elettorale di Hollande stesso. La traduzione letterale di “pigeons” sarebbe “piccioni”, ma in francese si dice per indicare qualcuno che si fa abbindolare facilmente, che si fa fregare, insomma “un pollo”. Ma di certo non si sono “fatti fregare” il manipolo di imprenditori francesi che, un po’ per scherzo un po’ per convinzione, hanno aperto una pagina facebook tra la notte del 28 e del 29 settembre per protestare contro le misure previste dalla finanziaria francese.

Dopo poche ore sono tremila i fan della pagina, dopo una settimana oltre sessantamila, con circa sei milioni di contatti unici. Quindi ecco il sito Internet, il video su Youtube, il Twitter, e il gioco è fatto. L’onda della protesta web travolge il governo francese che in poche ore è costretto a ritrattare sulle plusvalenze per non soccombere a les pigeons, “il movimento di difesa degli imprenditori francesi”. D’altronde i ribelli sanno bene come usare le armi del web, basti pensare che tra loro c’è Marc Simoncini, fondatore del sito per incontri Meetic. Ma vediamo cosa ha fatto scattare la protesta degli imprenditori francesi. Il Governo voleva alzare l’imposta sulle plusvalenze delle società, oggi al 19 per cento, al livello di quelle sul reddito, al 45 per cento. “Un attacco diretto” e “un disincentivo ad investire”, secondo gli imprenditori, che lamentavano come le trattenute avrebbero raggiunto il 62 per cento includendo gli oneri sociali. Tasse “controproducenti” che non faranno altro che “far scappare migliaia di giovani imprenditori all’estero” perché “non si può tassare il rischio come la rendita da capitale”, attaccano i piccioni, lanciando sul Web il loro “verso” di battaglia “Rhouuuuu”.

Inutile la difesa in extremis del governo francese. “Quello che vogliamo tassare non è il rischio ma la rendita”, ha detto parando i colpi il ministro all’Economia Pierre Moscovici a margine di un meeting convocato in tutta fretta con i rappresentanti della fronda di ribelli. “Non c’è verso di rimettere in discussione la nostra volontà di allineare la fiscalità delle rendite sul capitale a quella sul lavoro”, ha continuato Moscovici, dimostrando una certa confusione tra “rendita” e “investimento”. Ma mentre diceva questo, il governo si rimangiava tutto alzando bandiera bianca di fronte ai pigeons. Ecco allora le varie concessioni speciali fatte agli imprenditori, come l’aliquota fissa al 19 per cento per i creatori di nuove società e i vari esoneri per gli investimenti in nuove attività. “Non vogliamo dare l’impressione di voler punire i piccioni. Troveremo una soluzione, i piccioni possono tornare tranquilli al loro nido”. Così aveva cercato di stemperare la tensione il bureau Hollande prima di ritrattare tutto ed incassare la pesante sconfitta mediatica. Eppure da qualche parte l’Eliseo li deve pur trovare i 30 miliardi indispensabili a portare il deficit nazionale dal 4,5 per cento di quest’anno al 3 per cento nel 2013. 20 miliardi dovevano arrivare proprio dall’aumento delle tasse, 10 dalle imposte su famiglie, soprattutto a reddito elevato, e altri 10 miliardi dalle imprese. Ma dopo la rivolta dei piccioni, Hollande dovrà escogitare qualcos’altro. Tolti i i più ricchi, già tassati al 75 per cento per due anni se con un reddito superiore al milione di euro e i “pigeons”, il cerchio dei tassabili si restringe inesorabilmente.

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