I numeri sono controversi, come d’altronde questo tempo di crisi. Da una parte ci sono donne che riescono ad uscire più forti da questa congiuntura economica negativa – così la ricerca Abi-Censis presentata pochi giorni fa a Roma – dall’altra parte una frattura troppo evidente tra nord e sud del Paese – così i dati Istat arrivati in queste ore – con percentuali da far impallidire anche i più ottimisti tra gli economisti per quanto riguarda l’occupazione nel sud-Italia.

Partiamo dal rapporto dell’Osservatorio Abi-Censis. Nei primi due trimestri del 2012 in Italia l’occupazione maschile si è attestata ad un -1,3%, mentre quella femminile è cresciuta del +1,3%. Il dato conferma un trend già evidenziato nel 2011: l’occupazione maschile risulta rallentata e ferma ai livelli del 2004, mentre per le donne si registra un incremento di +566.000 unità lavorative. Ad avere la meglio sono soprattutto le lavoratrici autonome: il 16% rispetto ad una media europea del 10%, o le imprenditrici con personale alle dipendenze (3,6% ). Ma nonostante ciò le donne restano una categoria a rischio. Lo scorso anno il 14% delle lavoratrici era occupato con contratti atipici, contro il 10% degli uomini. Così ha dichiarato il presidente dell’Abi Giuseppe Mussari al convegno “Banche, donne e sviluppo”, i cui atti sono consultabili da poche ore online: “Le donne italiane stanno dimostrando una capacità di adattamento alla crisi superiore a quella degli uomini”.

Poi ci sono i dati Istat, che ci consegnano un sud arretrato e dove trovare occupazione per una donna è impresa titanica. Tra le giovani meridionali di età compresa tra i 15 e i 29 anni solo il 16,9% ha un lavoro, in pratica meno di due su dieci, il tasso più basso dal secondo trimestre 2004. Il tasso di disoccupazione giovanile delle donne meridionali arriva a superare il 39%, ben tre punti in più rispetto alla media nazionale (che ha ormai superato il dato del 36%).

Dai numeri alle storie: restano modelli di donne che oggi più che mai reggono la crisi, grazie anche ad un uso sapiente della rete, alle idee, alla forza di adeguarsi alle minori risorse disponibili e alla capacità di adattarsi più dei colleghi uomini ai nuovi mercati e linguaggi. Pochi giorni fa in un incontro allo Ied di Milano ho conosciuto Sonia Peronaci, artefice di Giallozafferano.it, una straordinaria community di appassionati di cucina. Sonia dai fornelli di casa sua ha saputo uscire allo scoperto e ha costruito una impresa digitale che si sta consolidando, in rete e fuori la rete. Il progetto nasce dai bisogni di un pubblico ed è realizzato con un linguaggio semplice, immediato. Oggi conta migliaia di contatti anche sui social, 500 blog attivi quotidiani e dà lavoro ad uno staff che dialoga costantemente con il proprio pubblico, con la propria community. E allora accanto ai numeri occorre iniziare a raccontare anche queste storie di successo, che servono da stimolo per un Paese assetato di modelli positivi da emulare.

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