“La prima volta che sono andata in Argentina è stato per un viaggio post laurea. Mi attirava l’America Latina, ma mai avrei pensato di rimanerci tre anni. Mi è capitato due volte di tornare in Italia con l’idea di restarci, e invece dopo due mesi sono sempre tornata a Buenos Aires”. Valeria Sacchi, 30 anni, si racconta così. Lei che dopo tre anni è tornata fresca fresca di matrimonio con Hugo, conosciuto in Argentina. “Lui è venuto qui per me, ma bisognerebbe costruire un’isola a metà strada. É una mazzata sapere che fra me e mio marito ci sarà sempre uno dei due lontanissimo da casa”.

La scelta di tornare, per Valeria, è stata il naturale proseguimento di un percorso che la lega all’Argentina. Lì seguiva alcuni progetti di associazioni che lavoravano con minori in difficoltà, in quartieri poveri di Buenos Aires o in province sperdute nella foresta; con alcune di queste realtà, come Bambini in Romania, continua a collaborare dall’Italia. “Mi sono adattata, pur essendo un settore molto lontano dal mio percorso di studi. Sono laureata in museologia, con una tesi sul Museo delle Culture di Lugano. Se mai dovessero aprire una realtà così anche a Milano mi piacerebbe rimettermi nel settore”. Le prospettive in cui è arenato il mondo culturale italiano non la spaventano, grazie alle lezioni apprese in Argentina: “Nella vita quotidiana, così come nel mondo del lavoro, c’è una vitalità, una progettualità coraggiosa che noi abbiamo perso. Quando mia mamma è venuta a Buenos Aires era strabiliata, le sembrava di essere tornata nella Milano degli anni ’70. L’impressione è che i giovani siano considerati. Se hai una formazione, o anche solo la voglia di fare, lavori. Non sarà il paradiso, ma di certo ti senti investito di più possibilità. Lì ho degli amici musicisti: da noi, se uno dice di essere musicista, ad alcuni nasce spontaneo chiedere cosa faccia per vivere, altro che musica. Lì si può vivere di questo, così come è possibile e comune che gente della mia età abbia un lavoro importante in un museo o in uno studio legale”.

Valeria non è certo tenera con la mentalità italiana, e condanna l’equazione per cui ciò che si è debba coincidere con ciò che si fa di professione: “Vedi, si fa un gran parlare di crisi. In Argentina, con la grande crisi del 2001, anche professionisti di un certo livello si sono reinventati. Se sapevano aggiustare tubi, facevano l’idraulico. Se avevano la patente, diventavano tassisti. Non dico che tutti abbiamo queste risorse, però da noi non mi è quasi mai capitato di vedere un avvocato che perda il lavoro e si rimetta in gioco così. Anzi, se un giorno decidi di fare una bancarella di vasi di ceramica perché ti è presa la passione, sei anche visto come un po’ sfigato, perché stai abbassando il tuo status”. Il punto di vista di Valeria è cambiato, e il confronto con Hugo certo ha contribuito a questa svolta. Il viaggio di esperienze che Valeria ha fatto è stato contraccambiato dal percorso inverso di suo marito.

“Lui è rimasto abbagliato da un sacco di cose bellissime del nostro paese. L’hanno affascinato i paesaggi, il cibo, la varietà della vita. Allo stesso tempo però è rimasto sconvolto dall’assopimento culturale e sociale, dalle rette universitarie (in Argentina è gratis) e soprattutto dalle tasse. Non può credere che uno faccia sacrifici per una vita per comprarsi una casa, e poi per quella casa debba ancora dei soldi a qualcuno che non sia se stesso”. La questione più spinosa che la coppia si trova a fronteggiare è il riconoscimento del titolo di studi di Hugo, tecnico radiologo. Nonostante in Italia ci sia bisogno di figure professionali come la sua, un cavillo burocratico impedisce di regolarizzarlo: “Il ministero ci ha risposto che le ore di pratica universitaria in Argentina risultano di troppo inferiori a quelle stabilite in Italia. Ma calcolando che ha lavorato 8 anni in ospedale la storia della pratica non regge”. E se in Spagna la stessa omologazione è concessa facilmente, in Italia ci si trova a litigare per mesi in uffici che brancolano nel buio. Chissà quanto altro tempo servirà per ottenere questo primo passo. Intanto, in pieno stile argentino, i due se la cavano e progettano sogni e attività. La capacità di non arrendersi e sorridere nonostante tutto è un ottimo punto di partenza.

Articolo Precedente

Vita a Pechino: “Chi nel suo Paese crede di essere un fuoriclasse, qui sbaglia”

next
Articolo Successivo

“Lascio la Spagna. In Italia situazione meno grave rispetto ad altri Paesi”

next