Con un finale da brivido, a Max Biaggi (Aprilia) è bastato chiudere al 5 posto gara 2 del Gran Premio di Francia per aggiudicarsi il titolo di campione del mondo della Superbike: il secondo titolo nella classe derivata per il campione romano, dopo quello del 2010. Dopo un fine settimana da paura sul circuito di Magny Court, con l’avversario Tom Sykes (Kawasaki) che conquista la nona pole position della stagione frantumando il record della pista, e dopo una caduta in gara 1 che permette al britannico di recuperare ulteriormente in classifica, Biaggi nell’ultima gara riesce a difendere con i denti l’ultimo posto possibile per far valere il suo vantaggio ridottosi in classifica a 14,5 punti. Sykes vince la gara (la quarta nel 2012) ma non basta: con il quinto posto Biaggi è campione.

Sono passati vent’anni da quando un giovane Biaggi è il dominatore indiscusso della classe 250 del Motomondiale, dove conquista quattro titoli mondiali consecutivi dal 1994 al 1997, prima alla guida dell’Aprilia e poi l’ultimo in sella alla Honda. Memorabili i suoi duelli con Capirossi, Okada, Waldmann e Harada. Poi il passaggio nella classe 500 dove, a dispetto dell’ottimo inizio con il trionfo a Suzuka da esordiente, non riesce a ripetersi. Il passaggio dalla Honda alla Yamaha coincide con l’arrivo nella classe regina del debuttante Valentino Rossi, e sono subito scintille: tra reciproci sgarbi, sportellate, diti medi alzati in pista e dichiarazioni di guerra e sfottò davanti alle telecamere. Biaggi soffre il duello con il giovane marchigiano. E la vita sotto i riflettori, tra fidanzate famose e comparsate televisive, non lo aiuta.

Alla fine del 2005 la Honda, dove è tornato alla guida di una moto ‘ufficiale’, lo scarica, e Max Biaggi, sostituito in pista e oscurato nel cuore degli italiani dalla cometa di Valentino Rossi, è costretto a reinventarsi a 35 anni nella Superbike: un campionato sulla carta ‘minore’, che si corre con le motociclette derivate dalla produzione di serie. Gioia per i puristi ma cimitero degli elefanti agli occhi del grande pubblico (che però di anno in anno aumenta la sua attenzione). Dopo periodi in cui sembra sempre essere dietro l’angolo un agognato ritorno in MotoGp, con la Honda o con la Ducati, il pilota romano capisce che la Superbike è, e deve essere, il suo nuovo mondo. E nel 2010, alla soglia dei quarant’anni, arriva il primo trionfo alla guida dell’Aprilia, dopo tredici anni di astinenza e, come notano i maligni, con più capelli in testa di quanti ne aveva quando correva e vinceva in 250.

E a 41 anni compiuti, la doppietta, con anche il titolo costruttori regalato all’Aprilia. Al termine di un campionato entusiasmante, concluso davanti a Sykes per un soffio, per solo mezzo punto in classifica davanti al britannico (358 contro 357,5), grazie al quinto posto conquistato all’ultima gara dell’ultima giornata. Terzo Marco Melandri (Bmw), un altro che in Superbike cerca quelle soddisfazioni che la MotoGP non gli ha concesso, con 328.5 punti. “E’ stato un campionato difficile, sudato fino all’ultimo, è davvero una grande soddisfazione – ha detto il pilota romano al termine della gara -. Un’emozione indescrivibile, è ancora difficile crederci. Di gara in gara succedeva di tutto, ce lo siamo passati l’un l’altro e sono contento che sia finita così. Lo dedico a tutti i ragazzi che hanno lavorato con me, a Eleonora, ai miei figli, a mio padre, a tutta la famiglia. A tutti quello che hanno voluto che accadesse, al reparto corse Aprilia: a tutti insomma”.

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