In tempi di spending rewiev i vertici dell’ospedale San Paolo di Milano chiudono i reparti, non assumono infermieri, mandano a casa i precari, e contemporaneamente apparecchiano un bando di concorso che calza a pennello per il figlio di Giuseppe Lombardo, presidente del collegio dei revisori nella stessa struttura sanitaria. La denuncia arriva direttamente dall’Unione sindacale italiana (Usi). La sigla autogestita, dopo mesi di richieste agli uffici amministrativi, è riuscita ad avere la delibera n. 1291 del 22 dicembre 2010 che bandisce un concorso pubblico per operatore tecnico in sistemi informativi.

L’indiscrezione di questa assunzione girava da tempo tra i corridoi del San Paolo. Dal primo ottobre 2012 è diventata realtà. E così Sergio Lombardo, assunto a tempo determinato circa un anno fa, incassa un contratto a tempo indeterminato con uno stipendio non eclatante (circa 1200 euro al mese) ma la possibilità, ora che è ufficialmente all’interno della struttura, di programmare una bella carriera all’interno dell’amministrazione pubblica.

“Il concorso è stato creato ad hoc”, su questo non ha dubbi il responsabile dell’Usi Pino Petita che punta il dito su alcuni requisiti presenti nella delibera. Uno su tutti. La richiesta di “esperienza maturata di almeno sei mesi nella pubblica amministrazione con rapporto di lavoro dipendente e con contratti di collaborazione o a progetto”. Un passaggio che l’Usi indica come sospetto. “Chi partecipa a questi concorsi – prosegue Petita -è quasi sempre digiuno di pubblica amministrazione”. Risultato: “Il requisito ha falcidiato i concorrenti che da una ventina si sono ridotti a due”. Uno era appunto Sergio Lombardo. Che ora occupa un ufficio in quasi solitudine visto che il 95% delle esigenze informatiche l’ospedale le ha appaltate all’esterno.

C’è di più. Chi, al San Paolo, ci lavora da anni non ha memoria di un concorso pubblico per operatore tecnico. La conferma arriva da una fonte interna all’ufficio del personale. Da sempre, infatti, la prassi è quella di stabilizzare formalmente i precari che da anni sono già in servizio. Si attinge dunque all’interno e non all’esterno.

Insomma, così vanno le cose in uno degli ospedali pubblici più importanti di Milano. E mentre, i vertici con una mano mettono nero su bianco “bandi ad hoc”, con l’altra procedono “alla dismissione” progressiva dell’assistenza. “Ad oggi – racconta Petita – i reparti di neurologia e nefrologia restano chiusi”. Lo stop, iniziato nel periodo luglio-agosto, si protrae. Risultato: gli otto posti letto complessivi oggi ricadano sul reparto di medicina generale.

E non è finita, perché a fronte di assunzioni come quelle di Sergio Lombardo, non se ne registrano nel settore dell’assistenza. A cardiologia, ad esempio, oggi lavora un solo infermiere. Mentre, a partire dal 15 ottobre inizierà il taglio dei precari. “E’ la logica formigoniana del pareggio di bilancio”, spiegano i sindacati. “Che in certi casi – ammette Pino Petita – si avvicina a un vero e proprio piano di dismissione”. L’ospedale viene prosciugato. Un esempio pratico? La revisione del regolamento per l’utilizzo del convitto del San Paolo. L’Usi denuncia la riduzione del tempo d’affitto a non oltre due anni e soprattutto il fatto che la decisione sia stata presa unilateralmente senza un tavolo di confronto con le sigle sindacali. “In questo modo – sostiene il rappresentante dell’Usi – si disincentivano gli infermieri a trasferirsi nel nostro ospedale”.

Sul piatto, dunque, c’è molto. Ci sono, ad esempio, gli appalti “sui quali – spiegano i sindacati – pesa l’ombra di una spartizione del due per cento sulla cifra complessiva che la legge Merloni prevede che resti all’interno della struttura”. Ad oggi solo sospetti che però a breve saranno trascritti in un esposto da portare alla procura di Milano.

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