“Penso che al premier non abbia fatto piacere vedere lanciata l’ipotesi del Monti-bis. Il Professore ha detto chiaramente che la sua responsabilità politica è solo quella di voler arrivare alla fine del mandato. Insomma mi sembra che si senta un po’ troppo tirato da Fini e Casini, con il disappunto di Alfano e Bersani”. A dire la sua sulla situazione politica italiana è Oscar Giannino, giornalista economico e promotore di “Fermare il declino”, il movimento presentato a luglio (insieme a Michele Boldrin, Sandro Brusco, Alessandro de Nicola, Andrea Moro, Carlo Stagnaro e Luigi Zingales) è cresciuto in questi mesi a pane e liberismo, pronto a lanciare il suo programma elettorale, se soldi e consenso popolare glie lo permetteranno.

Giannino, ora come intendete agire dopo l’appoggio di Italia Futura di Luca Cordero di Montezemolo al Presidente del Consiglio?
“Ho apprezzato in Montezemolo il ribadire che si può dare una mano alla prospettiva di un Monti bis, proponendo però uomini e donne nuovi in grado di far nascere una nuova politica con alla base un programma certo e credibile accompagnato dalle nostre proposte per favorire la crescita e rimettere in moto il Paese. Insomma, mi sembra una risposta di Montezemolo a tutti coloro i quali in due anni e mezzo lo hanno accusato di pensare solo a stesso”.

Ma Montezemolo ha detto di non volersi candidare e la sua Italia Futura sembra sempre più vicina al nascente listone civico nazionale di Pierferdinando Casini e Gianfranco Fini. Questo non è un compromesso con la vecchia politica?
“La scelta non è quella di collocarsi o meno su un asse politico. Il problema è far sì che la serietà sostituisca le vecchie promosse mancate della politica e il merito la cooptazione. Non credo che agli italiani interessi se chi governa sia di centro, di centro sinistra, di centro destra, di destra o di sinistra. Ci sono 17/18 milioni di elettori indecisi che non credono più in questa ripartizione. Vogliono solo risposte concrete. Dobbiamo parlare dei Fiorito d’Italia per capire che non è legittimo che un politico guadagni di più del presidente degli Stati Uniti d’America?”

Non si sente un po’ grillino?
“Io mi riconosco nell’indignazione del M5S che per me non è affatto anti-politica”.

E allora in cosa vi differenziate dal movimento di Grillo?
“Noi in più siamo in grado di offrire idee concrete: chiediamo l’abbattimento del debito, la riduzione della spesa e delle tasse, l’orientamento del welfare per giovani e donne. Una rottura che deve essere molto forte. Proponiamo meccanismi di selezione della classe politica in cui debba esserci la partecipazione degli elettori nella scelte del personale politico, lo scioglimento del conflitto di interessi pubblico e privato prima della candidatura, il no al finanziamento pubblico dei partiti sia sotto forma di rimborso elettorale che di contributo ai gruppi. Una goccia nel mare? Per noi si tratta di elementi fondamentali. Ma non li vedo altrettanto primari nei politici della prima o della seconda Repubblica che hanno proposto il Monti-bis. Non possono essere loro gli artefici di un’offerta politica in grado di dare risposte a milioni di italiani che protestano. Vogliamo un’offerta politica che si basi sulla discontinuità dei vecchi leader”.

Lei ha riconosciuto in Matteo Renzi, sindaco di Firenze in corsa per la guida del Pd, un politico nuovo.
“Renzi è l’unico ad avere il merito di imporre al suo schieramento elementi di discontinuità. E per farlo ci mette la faccia. Gli altri politici non lo hanno né fatto, né proposto. Abbiamo bisogno di un maggioranza politica chiara in grado di guidare il Paese nella sola direzione che può portare alla crescita: il rinnovamento nella nostra classe politica e dirigenziale”.

Intanto il problema è chiaro: i soldi gli italiani non li hanno più e la politica continua a finanziarsi con ulteriori tasse.
“Agli occhi degli italiani quella lotta sacrosanta diventerà più credibile solo il giorno in cui lo Stato concretamente farà vedere i frutti della lotta all’evasione. Fino ad oggi, i contribuenti hanno visto solo che lo Stato si è tenuto i proventi, mentre restano enormi gli sforzi che subiscono a causa delle imposte dirette, indirette e delle patrimoniali”.

Il programma di Oscar Giannino non potrebbe essere più liberista.
“Siamo economisti e da anni seguiamo la sorte della finanza italiana. Bisogna abbattere il debito pubblico, ora a quota 2mila miliardi di euro, sotto la soglia simbolica del 100% del Pil anche attraverso l’alienazione del patrimonio pubblico. E in contemporanea, nell’arco di 5 anni, va tagliata la spesa pubblica di almeno 6 punti percentuali e abbassata la pressione fiscale di 5 punti che equivalgono a 80 miliardi di euro. Una massa di denaro che consentirebbe l’abbattimento dell’Irap (30 miliardi di euro) e del cuneo fiscale per giovani e donne. E poi ancora spending review, giustizia, sussidi e formazione, lotta ai conflitti d’interesse”.

Un manifesto che lei e gli altri promotori di ‘Fermare il declino’ state portando con successo nei teatri italiani. L’ultima kermesse c’è stata a Torino.
“Il manifesto fa il pieno di consensi con quasi 25mila adesioni arrivate sul sito. Un successo”.

Perché non si candida lei e fa quel passo in avanti che non ha deciso di compiere Luca Cordero di Montezemolo?
“Per l’età e la consapevolezza che ho è inutile proporre l’ennesimo movimentino personalistico. Credo che per essere credibile agli occhi degli italiani che patiscono e protestano bisogna farla finita con leadership carismatiche. Il nostro tentativo è quello di proporre una squadra competente nel proprio ruolo, raggiunto sul campo, e che soprattutto ci metta la faccia. E questo sarebbe lo stesso spirito che vorremmo adottare nel caso in cui trovassimo i soldi e riuscissimo a fare una campagna elettorale per proporre una squadra di possibili candidati da mandare in parlamento e da offrire per un eventuale governo del paese. Arrivati a questo punto le alternative sono due: o si va avanti e si supera l’ostacolo del denaro e delle firme o ci troveremo nella condizioni di affermare ‘abbiamo sbagliato’. Ma non diremo mai gli italiani non ci hanno capiti”.

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