Il servizio su Renzi che Diego Bianchi-Zoro ha presentato giovedì scorso a Piazzapulita è stato inteso da molti – Renzi incluso – come un attacco al rottamatore. Si è discusso se il servizio fosse o meno ‘antipatizzante’, se fosse progettato per mettere in luce solo i voti che arrivano a Renzi da destra, se fosse o meno d’ispirazione bersaniana, e via dicendo.

Dal mio punto di vista il servizio – indipendentemente dalle sue reali intenzioni – è interessante soprattutto perché ha smontato alcuni ingranaggi elementari della macchina comunicativa che lo spin doctor Giorgio Gori ha allestito per Renzi. Questi ingranaggi vengono alla luce solo quando un candidato li usa male (per accidente o imperizia), ma in realtà sono normali da decenni in tutte le democrazie mediatizzate e personalizzate – dagli Stati Uniti all’Europa – dove i candidati di ogni colore usano le tecniche del marketing, della pubblicità commerciale e dello storytelling senza demonizzarle. In Italia Berlusconi le introdusse nel centrodestra solo nel 1994 (in ritardo di molti anni rispetto ad altri paesi), mentre il centrosinistra ha sempre fatto molta fatica a usarle, e ora ci sta provando con Renzi, pur con meno mezzi e minore abilità di Berlusconi. Faccio alcuni esempi.

Zoro e Giorgio Gori

Il contatto continuo con lo spin doctor è normale per qualunque politico voglia comunicare in modo coerente ed efficace; certo, andrebbe gestito meglio di come fa Renzi, che si fa sgamare dal primo Zoro che passa, ma è comunque indispensabile. Anche le interazioni simulate fra il leader e quelli che sembrano cittadini qualunque (e invece sono comparse pilotate) non sono una novità di Renzi: quando sono veridici, servono a raccontare in modo televisivamente vivido scambi realmente accaduti, nei casi peggiori servono invece a sostituirli.

Infine c’è la ripetizione del format, il fatto cioè che Renzi interpreti più o meno la stessa performance in tutte le tappe del suo viaggio. Molti studi psicologici lo spiegano bene: le persone tendono a credere di più a ciò che hanno già sentito ripetere più volte. Alcune ricerche hanno addirittura verificato quante volte un messaggio debba essere ripetuto per ottenere la massima credibilità: non troppe – pare fra le 3 e le 5 – perché si corre il rischio di ottenere l’effetto contrario (per una sintesi, vedi ‘The Illusion of Truth‘). Dopo un po’, insomma, occorre fare variazioni sul tema, e non a caso le performance di Renzi si ripetono, sì, ma con varianti.

Tutto ciò – va detto – funziona solo con destinatari distratti e frettolosi: se un interlocutore è attento e si prende tempo per ragionare, un argomento debole non riesce a convincerlo neanche se ripetuto (vedi Moons et al. 2009). Ma distratti e frettolosi sono la maggioranza degli elettori, perché nella vita c’è ben altro da fare che seguire i politici con attenzione; dunque queste tecniche di base hanno sempre ottime chance di fare presa e la gente finisce per cascarci. Specie in Italia, dove sono meno diffuse e perciò circolano meno anticorpi.

Insomma il servizio di Zoro, da solo, non è certo sufficiente a disinnescare il format che Giorgio Gori ha messo in piedi. Il che sarebbe ancor più vero se Renzi fosse un comunicatore più capace. Ma tant’è: ogni spin doctor lavora col candidato che gli passa il convento. 

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